Un lunedì notte di quasi metà Maggio.
Volo Torino Cagliari. Cerco il numero segnato nella carta d’imbarco, ripongo il bagaglio, prendo posto, mi do una sistemata.
E poi tiro fuori un libro.
Uno della decina che sono riuscita a incastrare, con attenzione, nella tasca dello zainetto sotto il sedile. Sono stremata, penso che a breve mangerò a casa e dormirò nel mio letto ma devo leggere.
Ora devo leggere.
Non mi sorprende ma mi fa molto sorridere che appena do uno sguardo fugace attorno a me, vedo altri che fanno esattamente lo stesso. Credo sia il volo più letterario a cui si possa partecipare. Ci sono persone che conosco, alcune sono state con me nei giorni appena trascorsi, altre non ho idea di chi siano… ma leggono. È bellissimo.
È il primo effetto del Salone Internazionale del Libro di Torino. Poi devo ammetterlo, un po’ li chiudo gli occhi in volo e lì, tra il nero delle palpebre e tutto quello che c’è dietro, continuo a vedere gli stand numerati, le frecce che indicano i padiglioni, la moquette celeste, le svolte tra i corridoi, i grandi cartelli con le lettere in alto, la gente, la torre di libri. Sono così sollevata che un po’ di quella magia rimanga ancora incastonata lì dentro a tenermi compagnia. Vedo lo stand K149, Argonautilus – Fiera del Libro di Iglesias, comunemente chiamato “da noi” nei giorni in cui ha fatto da appoggio, punto di partenza e di passaggio di tanti ospiti e amici, casa.
Suona così bene… “da noi”.
Ci riabbracciamo come se non ci vedessimo da tanto quando invece abbiamo ancora, meravigliosamente addosso, la nostra Fiera. Loro sono qui dall’inizio e sono provati ma felici di vederci arrivare. Hanno fatto già un gran lavoro.
Sento le voci, le risate, le chiacchiere degli amici che da cinque anni mi rendono la possibilità di vivere esperienze come queste che sono diventate routine, ritorni, ma che serbano sempre qualcosa di nuovo da imparare, da aggiungere.
Nuove persone, idee, scambi, progetti, segreti, accorgimenti per vivere al meglio la bolgia che inevitabilmente trascina in un mix di gioia e mal di piedi.
Io, respiro gratitudine. Mi sento molto fortunata ad esserci.
Sono stata a un evento che tra capire dove andare, coda, incontro in sé, fuga ed ennesima fila per il firma copie mi ha tolto circa tre ore di tempo ma mi ha dato un solo pensiero: GRAZIE.
Joël Dicker ha detto: “Io non scrivo per compiacere i lettori. Io scrivo per condividere.”
E io, sono un’eterna sostenitrice della condivisione. Trovo sia la forma più bella di quell’Attenzione che tanto abbiamo sviscerato nel nostro Aprile. A un passo da noi, nello stand della Regione Sardegna, ieri e oggi hanno convissuto in armonia come davvero, da un po’, succede nella nostra Terra. Le radici sostengono questo presente in fermento, che rivolge uno sguardo al passato e tende fortemente al futuro. Tutto ciò, grazie all’importanza della comunicazione e aggiungendo sempre più nodi alla rete che da tempo Argonautilus ha teso tra le diverse realtà della nostra isola e oltremare. C’è un solo centro attorno al quale si crea e si espande questa rete: il libro, i libri.
La lettura, la scrittura, le parole. E il Salone Internazionale del Libro è la dimostrazione in gigantesco, di quanto si possa fare. Essere una parte infinitesimale di tutto questo, rende felici.
Abbiamo chiesto, scherzosamente, al ragazzo che lavorava e gestiva la fila nei bagni, cosa avesse da sorridere ancora, al quinto giorno di Salone. Lui ha risposto che gli veniva naturale. Tutte le cose assumono significato dalla prospettiva in cui le si guarda, dal vivo.
Come da un sorriso, stanco ma presente.
Poi c’è Torino. Una città che non ho apprezzato da subito, che all’inizio mi era parsa piatta, troppo somigliante a qualcosa che non mi piace, ostile. Quanto sono felice di essermi sbagliata. Sarà che la vedo con occhi che pescano le sensazioni da dentro ma ora, di Torino, m’innamoro sempre di più. È così elegante, variegata, senza pretese. Non si impone, ma silenziosa ti entra nelle viscere a piccoli passi, a partire da una notte quasi gotica di primavera per continuare al sole, in mezzo al verde di un parco. È bella anche quando piove, seppure odi la pioggia. Mi sfida a uscire fuori nel terrazzino di una casa che amo, per guardare gli alberi e i suoi tetti dall’alto.
“E tuttavia in qualche momento abbiamo pensato che, se non avessimo avuto una vita immaginaria, non avremmo forse trovato le strade della vita creativa.”
Natalia Ginzburg
© Erika Carta