Dimmi di te

Dimmi di te


Ultimamente mi scopro scettica quando inizio a leggere libri di autrici, autori che amo. 

Tanto lo so, che non mi deluderanno, che saranno sempre una garanzia, però ho lo stesso un po’ paura. 

E questa emozione non mi disturba, al contrario. Perché poi quando arrivo all’ultima pagina sono così felice che a essersi sbagliata sia proprio la paura, e non io. 

È la volta di Chiara Gamberale. Che è arrivata in libreria con il nuovo romanzo, “Dimmi di te”, che quando ho condiviso un reel dal suo profilo Instagram qualcuno mi ha chiesto: “Quindi? Cosa ci vuoi dire?” E tra le tante risposte che hanno affollato immediatamente la mia testa ho scelto: “che oggi esce il nuovo libro di Chiara Gamberale”. 

E non l’ho comprato, quel giorno. E neanche pochi giorni dopo, quando ho preferito prenderne un altro, dallo scaffale alla Mondadori. 

Ha dovuto aspettare, la mia autrice preferita, quella per cui sono volata a Roma, con Federica, a vedere “Qualcosa” e a riempirmi gli occhi di lucine davanti a lei. La mia Chiara.

Ma sono io che ho atteso lei e le sue parole che fanno sempre, sempre specchio con il mio vuoto. E dove mai, altrimenti, si specchierebbe il vuoto? 

Ho sollevato il capo dalle mie quisquilie per ascoltare le loro […] E io ho scelto le storie, fin da quando avevo l’età di Bambina. Dunque, mi dispiace: ma mettitela via. […] Scriverò l’ennesimo libro che straborda di quisquilie.”

E meno male. 

Eterna adolescente, o “bambina marcia” come qui si definisce. Se sapesse che la parola quisquilie non può che ricordarmi Anacleto de “La spada nella roccia”, le basterebbe per capire quanto mi specchia questo specchio! 

Qui Chiara parte da un blocco, il peggiore dei peggiori per una scrittrice, presumo.

Anche da questo ostacolo, però, nasce una domanda. C’ha sempre domande, lei. 

Quando si leggono i suoi libri sembra che stia a scrivere soltanto di sé stessa… mai cosa si rivela più sbagliata.

Ho letto i libri che hai scritto e so che partono da un’esperienza personale, ma immagino che non racconti proprio tutti i fatti tuoi e che sei abituata a mescolare le carte.”

Ecco, ci ha azzeccato una delle sue stelle polari: una tra le persone di cui ha raccolto la storia in un quaderno giallo per rispondere a quella domanda: “Sei riuscito a crescere? Mi spieghi come si fa?

Chiara, a proposito della magia riscoperta che tanto nomina in questo libro, mescola le carte. Le sue, quelle delle persone da cui è circondata e che ci racconta… e le nostre. 

Inevitabilmente, che ci piaccia o no.

Io la trovo meravigliosamente complessa, la sua scrittura. O la lettura, che per me, come per lei, è la stessa cosa. 

Mi fa impegnare, mi fa cadere, mi fa dissentire e distaccare. Mi fa riconoscere. 

È cerotto e strappo sulle ferite. 

Così, mentre parla di sé e di noi, ci racconta le storie di Raffaello, Ivan, Renata, Marcolino, Paloma, Stefano (che rende meglio come Terence di Candy Candy).

Storie d’amore, tutte.

Tutte patologie elette a sistema.”

Le sono grata. E sono grata a me per le mie scelte, le mie letture, in ogni senso. 

Eravamo troppo piccoli per comprenderla, ma ci entrava nel sangue. […] dobbiamo pretendere bellezza dal mondo. […] La salvavano le quisquilie.” 

© Erika Carta

E venne il Natale

E venne il Natale

Perfino Novembre, a parer mio il mese più triste dei dodici, ogni volta se ne va. E lascia arrivare Dicembre che gentilmente porta scintille di magia di giorno in giorno, fino a esplodere intorno al 25. 

Io, la magia, l’ho vista da bambina. L’ho vissuta fuori e dentro e lì è rimasta, a crescere con me. Attaccata con tutta l’energia possibile per non scivolare via, impegnata a esplorare sempre nuove vie non potendo, ahimè, tornare su quelle percorse.

È un carico importante, necessario. 

Tra le tante cose che rilucono, ce n’è una che non è un diamante, non è un festone colorato, non è una lampadina intermittente.

Ormai è diventato come un appuntamento fisso, lo aspetto da svariati anni, ogni Dicembre.

Non è un gioiellino ma è come se lo fosse. 

È un libro, naturalmente.

È piccolo, con la copertina bianca e dei cerchietti satinati che riflettono l’esterno. È così che si crea il gioco di luci che pare lo faccia brillare.  

I nomi degli autori sono scritti in nero e il titolo in un bel rosso e ha, da un lato, un disegno un po’ vintage, sempre diverso che ricorda le vecchie cartoline di auguri per Natale.

Sto parlando dei libri della collana “Natale ieri e oggi” della Graphe.it, la casa editrice umbra che recentemente è diventata maggiorenne. 

Dentro queste pagine c’è sempre una poesia, un racconto del passato e un racconto di un autore o di un’autrice del presente. 

(Un po’ come le visite che riceve Scrooge, tolta quella del futuro!)

Quest’anno, la poesia è “Le ciaramelle” di Giovanni Pascoli.

“suono di chiesa, suono di chiostro, 

suono di casa, suono di culla, 

suono di mamma, suono del nostro

dolce e passato a piangere di nulla”.

Il racconto del passato è dello scrittore e giornalista Paolo Valera, vissuto tra il 1850 e il 1926, che si fa testimone realistico della vita dei più bassi strati socialie ci parla del giorno di Natale dentro al riformatorio di Finalborgo. 

La tristezza di Natale” che si sente in ogni parola ma che lascia spazio a episodi di gentilezza e commozione, insieme a un barlume di speranza.

“Non sono dunque completamente perduti. Credetemi, l’uomo che ha ancora la rugiada del cuore, è ancora un essere redimibile. […]Te lo giuro sull’anima mia: non dimenticherò mai questo momento del Natale in galera. È un episodio che mi resterà nella memoria in eterno. Mi hanno intenerito come un fanciullo.”

Nel racconto di Eleonora Carta, invece, mi rendo conto soltanto ora mentre lo scrivo, il titolo rende l’idea di cosa è narrato e da dove, esattamente, arriva… “Dal profondo”.

Se vi farà lo stesso effetto che ha prodotto in me, vi ritroverete a leggere un po’ guardinghi l’inizio per poi proseguire con curiosità, arrivando a un punto in cui non è più possibile fermarsi e in apnea, seguire una scia di luce fino alla fine. 

E scoprire che no, non è la fine. Anzi.

“Non ho bisogno di respirare e questa non è apnea ma un nuovo modo di essere. Lo stesso, provo la necessità di salire verso l’alto, e con una foga sconosciuta, perché è la mia mente, non i polmoni, ad avere bisogno di aria.[…]

Ascolto la notte e l’unica cosa che mi giunge alle orecchie è il grande respiro collettivo di queste creature che mi abbraccia nel suo inspirare ed espirare e l’aria è colma di calore e del flusso di luce che discende dal cielo[…]

Quello che mi ha lasciato la lettura di questi racconti, in una notte di Dicembre, è la sensazione che molto più spesso di quanto riusciamo ad ammettere, l’essere umano è il peggior carceriere di sé stesso. Sarebbe molto meno doloroso accettare le cose fatte nuove semplicemente per quello che sono: soltanto… nuove.

E mi hanno fatto riflettere sul fatto che certe volte, l’unica, necessaria scelta da compiere è quella di credere fortemente in qualcosa. 

E venne il Natale.     

Controluce e azzurro di smalto.

Controluce e azzurro di smalto.

“Della Sardegna è facile amare il mare, i suoi colori: sono talmente potenti da non poterli ignorare. Quello che è difficile scoprire è la sua gente. I sardi parlano una lingua unica, sono orgogliosi e testardi, ironici e fatalisti, con un’innata cortesia che scalda il cuore. La loro storia antica ce l’hanno scavata dentro, come solchi di una montagna.”

Nel giugno del 2019 leggevo Flavia’s end, sprofondata nella mia seggiolina sulla sabbia e nella storia, imbastita da Claudia Aloisi.

Leggevo di Flavia, Luigi, Maria, Estelle e Marco. Leggevo di blu cobalto del mare mentre il mare mi teneva compagnia. 

Era stato come conoscere la mia terra per la prima volta, con i miei stessi occhi posati però  sulle strade, sulle pietre e sui tramonti con il filtro delle pagine scritte da Claudia.

Questo Natale ho scartato un dono che mi ha fatto brillare gli occhi di urgenza. 

Con i libri, succede molto spesso. Con quelli desiderati, anche di più.

Eccola, la sua amata baia: il mare sempre di un tono più intenso del cielo, i monti di Nebida, protesi sull’acqua; le case aggrappata alle rocce nel loro incerto equilibrio, la familiare sagoma della torretta di Porto Flavia, invisibile a tutti, tranne a chi sapeva dove guardare. E poi lui, il Pan di Zucchero: il maestoso faraglione di calcare bianco striato dall’erosione, che si ergeva dal mare con la sua forma irregolare ma inconfondibile. Quello era il panorama che scandiva il tempo a Nebida […]”

Controluce. Claudia Aloisi.

Incredibilmente, a pagina 48, ero già consapevole di cosa avrei detto o meglio, scritto, alla fine. 

Perché la sensazione è arrivata chiara e limpida lasciandomi certa che sarebbe perdurata fino all’ultima riga. 

È stato come tornare a casa, senza essere mai andata via, eccetto qualche meravigliosa incursione di mondo là fuori. 

Estelle Moreau, fotografa belga, si trova suo malgrado a ripercorrere i passi su quella terra che già una volta l’aveva accolta e sconvolta.

Tra i misteriosi eventi che collegano di nuovo passato e presente in un gioco di luci e ombre, il profumo salato dell’acqua di mare, il cielo “azzurro di smalto” rischiarato dal maestrale, e il gusto morbido di mandorle e arancia dei guefus, Estelle si interroga ancora una volta su cosa voglia davvero. Non è la sola a doverci fare i conti.

Domandarlo non è difficile.

Complicato è semmai trovare le risposte, nascoste in fondo a strati e strati di roccia. 

Controluce non racconta soltanto una storia avvincente. 

Ne racconta due: quella degli anni 20 del 1900 e quella degli anni 20 del 2000. 

Ne racconta molte di più.

Perché ogni personaggio è un po’ come Shreck spiega a Ciuchino nel primo film d’animazione che li vede protagonisti: strati! 

Le persone sono fatte di strati. Che siano più simili a cipolle o a torte, questo è tutto da scoprire. 

Ma fa sempre riflettere l’evidenza, che ogni tanto scordiamo, che luci e ombre possano convivere dentro un’unica anima. 

Quanto ai luoghi, l’urgenza di leggere si accompagna all’urgenza di andare a vederli.

Di nuovo, ancora e sempre, con quella suggestione in più che da i brividi. 

La fantasia, si mischia alla realtà nell’ultimo giorno dell’anno, un giorno di sole.

La presenza del passato, tangibile anche se assente. 

E basta un libro a evocare tutto questo.

A schiarire un po’ la vista, dopo che era stata abituata a parecchio buio.

La magia come risultato di un lungo lavoro di immaginazione, pazienza, fatica e passione.

Che meraviglia scrivere! E che meraviglia leggere! 

Ed emozionarsi sulla pelle, quando per uno strano effetto, sembra di scorgere qualcosa all’imboccatura di una galleria, controluce. 

© Erika Carta

Amuninne

Amuninne

Sono stata in Sicilia tre giorni. 

Un tempo dilatato.

Non c’ero mai andata.

Mi è sembrato di averci sempre abitato e allo stesso tempo di aver visto tutto nuovo, per la prima volta.

Siamo arrivate a Catania che però è sembrata Cagliari per un lunghissimo tratto e che poi improvvisamente è diventata: “Benvenute in Sicilia!”.

Ho addentato un arancino di fronte alla fontana “acqua a linzolu” nella piazza del Duomo.

Ho camminato con i piedi in mezzo ai resti della pescheria in strada e lo sguardo all’insù verso il cielo di ombrellini colorati, come in via Nuova a Iglesias. 

Ci siamo fermati ad Aci Trezza ed è stato subito mare. 

Faraglioni. Familiare.

E se a Catania, Rosario ci ha accolte nella sua terra, ad Acireale ci ha aperto la porta della sua casa. 

Mamma, nonna… perdonatemi ma non riuscirò più a mangiare la nostra parmigiana di melanzane. Voglio quella di Sicilia, fatta in casa!

E seduti al tavolino del bar Cipriani le mie papille gustative hanno incontrato la granita mandorla e caffè, mentre con gli occhi mi beavo della Basilica di San Sebastiano.

Bellezza.

W S.Sebastiano.

Punto di riferimento, fronte Palazzo Framì, per dire in queste giornate: “Ah ecco, siamo vicine a casa.”

Era più emozionato di noi, Rosario, a mostrarci i luoghi vissuti tra le pagine di “Effetti collaterali” da  “Gli amanti immortali”.

Villa Belvedere, con la statua di Aci e Galatea, le Chiazzette e il borgo marinaro di Santa Maria la Scala.

Perché, quando condividi con altri le tue radici, è scambio di linfa vitale. È dono che fai ma che soprattutto ricevi.

Alla fine di una scalinata, nel piccolo scorcio incastonato tra case e mare, vedi la sedia bianca e vuota… e sai che sta arrivando Alosha, il danzastorie di Sicilia.

E si fa silenzio prima, durante e alla fine, quando di parole non te ne vengono. Ed è raro.

Sarà la commozione a dire.

Quasi tre ore di macchina. “Pranzo a Cefalù?”

“Pranzo a Cefalù!”.

E così fu.

Un paese di balocchi sospeso sul mare. 

La cattedrale normanna, le scale con i vasi pieni di colore. 

Maioliche, vicoli e balconi verso il blu.

Ho un cuore molto spazioso per le cose belle. Mi viene da cercarle dappertutto.

Di Termini Imerese posso dire che la notte scura, con il contrasto tra le luci artificiali e la pianta di fichi d’india è stata una cosa bella.

Posso dire che è il motivo per cui questo viaggio si è mosso. Anche se in verità tutto… tutto quanto, è cominciato molto prima.

Il Termini Book Festival, gemellato con la nostra Fiera del libro di Argonautilus, ci ha viste sedute tra il pubblico in prima fila a goderci da vicino le storie. Quelle raccontate da Eleonora Carta, Seba Ambra, Elvira Siringo; quelle del puparo di Palermo. Un fascino che mi ha totalmente coinvolta, tenendomi incollata alla sedia a comprendere una lingua che non è la mia ma che è stata universale.

“W Palermo e Santa Rosalia”.

E a proposito di Palermo.

Anche le cose brutte suscitano emozioni. Anche quelle brutte brutte. 

Non so dare un nome alla sensazione che ho provato percorrendo in macchina l’autostrada Palermo Capaci.

Sono certa che i brividi e il pugno allo stomaco che ho sentito però, sono stati molto forti.

Frutto di un ricordo non mio. 

Ero piccola, lontana. 

Ma vissuto ripetutamente negli anni. 

Corale, nel mondo.

Il ricordo incrollabile di eroi. 

Da Palermo mi porto a casa le vie fatiscenti e l’immensità della Cattedrale; il caseificio urbano CheeseLab e via Maqueda 266 perché fuori da lì ho mangiato il mio cannolo siciliano  senza glutine, con la ricotta classica, i pezzi di cioccolato e l’arancia candita. Non sarei andata via, senza.

Il mercato del Capo e la fontana della vergogna; il palazzo di giustizia e la strada per la cala, nel lungomare, con il murale di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La Chiesa di San Domenico chiusa e i quattro canti. 

Il sole cocente e la caffeina rimasta in circolo più del dovuto.

La prospettiva consolidata del gruppo di viaggio peggio assortito che ci sia, che poi però ride a turno di uno e dell’altra; che in macchina canta “Take on me” degli a-ha, discorre di filosofia e storia, ragione e amore. 

E ride.

La gratitudine per l’entusiasmo, la gentilezza e la calma di una persona, che fanno la differenza, che sono necessarie in questo mondo che corre veloce e arrabbiato.

Il ritorno a casa, quella di Acireale. La marea di acesi in festa con lo sguardo alla Basilica e nel cielo i fuochi d’artificio, come a salutare un po’ anche noi. 

Arrivederci.

Il ritorno a casa, quello che appena scendi in pista dall’aereo, a Elmas, ha l’inconfondibile odore di sale. 

Il viale alberato, a Iglesias, che sussurra “Bentornata”.

Perché è sempre bello andare… ma è tornare che è meraviglioso. 

Chi meglio può comprendere?

Da isola a isola. 

Erika Carta

Lettere d’amore in dispensa

Lettere d’amore in dispensa

Dargen D’amico nella sua canzone di Sanremo, “Dove si balla”, a un certo punto dice: 
“E non si può fare la storia se ti manca il cibo.
Tu mi hai levato tutto tranne l’appetito”.
Sorrido ogni volta che lo sento. Perché, per me quel Tu è l’Ansia. Che stava per rovinarmi uno dei rapporti più belli, sinceri, gratificanti e duraturi della mia vita: quello con il cibo, appunto.
Ho vinto io.
Beccati questa, bitc*
E così, oggi apro la mia dispensa. E cosa trovo? Popcorn e vino (alla Olivia Pope) e… un libro. Silvia Casini Raffaella Fenoglio che parlano d’amore e di ricette.
Il binomio tra cuore e pancia è cosa nota. Ma c’è un altro aspetto che mi ha colpita: 

[…] che usiate o meno un pizzico di magia in cucina, c’è da dire che dietro al mangiare, vi è un desiderio di comprensione umana. Jacques Lacan, Psicologo e filosofo francese del 900, la pensava proprio così. Infatti, soleva affermare che a monte della domanda di cibo, ve ne era una simbolica di amore e di comprensione […] E come ci ricorda Marcel Proust, dietro all’atto del cibarsi vi è anche il desiderio di ricordare. È esemplare come di fatto il piatto preferito di un individuo sia collegato a un determinato ricordo. Nutrirsi è quindi anche memoria […]

Comprensione e memoria. Cosa può esserci di più romantico? Ve lo dico subito: i dieci ingredienti afrodisiaci, selezionati per questo racconto di cose buone.I menù pensati per due, “fatalmente”. E le parole, che sempre danno forma e sostanza.

Allora scelgo ciò che più mi ispira e apparecchio la tavola con “un runner” e “un centrotavola naturale con frutta e bacche di stagione”. Alla luce di una candela alla vaniglia leggo Poesie d’amore di Nazim Hikmet. È tutto nella mia testa, per ora. Siamo io e me. E questo appuntamento galante con l’amore ritrovato. Eppure, aggiungo un terzo aspetto a comprensione e memoria: condivisione. Trema amore, tremate familiari e amici, perché presto, subirete i miei tanto famosissimi quanto fallitissimi esperimenti culinari. Confido che seguendo alla lettera un libro come questo, saprò stupirvi e deliziarvi. Dalla forchetta alla parola. 

Antipasti 
Galette di fragole, feta e timo. All colours gluten free 

Primo
Gnocchi con crema alle mandorle. Delizioso gluten free

Secondo 
Tagliere di formaggi con marmellata di peperoni e peperoncino  Frizzante

Contorno 
Avocado: quanta bellezza ho visto. Quanta meraviglia ho sperimentato. Quanta esistenza piena di suggestioni sono stata. Evocazioni somiglianti al segreto della mia musica interiore. Perché io sono questo amore.
Gourmand

Dolce 
Fichi : L’angolo di paradiso però, rimase intatto. Reggeva soddisfatto tegole, armonia e presenze. 

Tra un’esplosione di luce e una caduta, dal mare al ,faro per tutte le vie, nei templi e nell’aria, squarciò lastre di felicità e di essenza. 

Sorpresa

Lettere d’amore in dispensa.
Silvia Casini & Raffaella Fenoglio

Stappo una bottiglia di Ferrara Greco di Tufo Vigna Cicogna.

Brindo a voi e a questa vita. Pace, amore e gioia infinita
Negrita 

©Erika Carta

Un cuore logorroico
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Un cuore logorroico


Dove stanno le parole? 

Ne è piena la mente. 

Ho l’immagine di stringhe di lettere che circolano e si incrociano di continuo, all’altezza delle tempie.

Nella mano, che guida la penna a portarle via, per depositarle su un foglio. 

Ma posso dire, con certezza quasi assoluta, che a farle nascere ci pensi il cuore. 

Tanto più se è un “Cuore logorroico” come quello di Stefania Congiu, che (finalmente) ci regala la sua seconda raccolta di poesie.

Sono altrettanto sicura che nel momento in cui lo leggerete, ci sentirete anche il vostro di cuore, dentro. In questo spazio condiviso e paradossalmente silenzioso come soltanto un libro riesce a essere. 

Molto spesso si suole fare confronti tra i libri di uno scrittore. E così, immancabilmente, penso a “L’elefante tra gli ombrellini” dove Stefania scattava parole, scrivendo fotografie così nitide che sembrava si animassero davanti agli occhi.

Ora abbiamo questo cuore, che ha come cambiato prospettiva.  

Legato profondamente alla natura della nostra Terra, alla lentezza, a chi… per forza di cose ha dovuto osservare molto più dentro, che fuori. 

Così, è parso a me. 

Ma si sa, le parole, soprattutto quelle in versi, hanno l’enorme potere di uniformare o ramificare i pensieri, in un terreno da spartire tra chi scrive e chi legge. 

Io, sono grata a Stefania per aver trovato il coraggio, una seconda volta, di donare a noi le parole del suo cuore logorroico. 

Spero tanto lo sia anche lei, per essere riuscita a lasciarle andare.

Di chi scrive

“Si sentono arrivare 

come onde improvvise, 

non hanno barriera.

Si prova a scansarle

ad allontanarsi 

a non ascoltare.

Delle volte sono leggere, 

altre pesanti.

Non si lasceranno mettere a tacere, 

devono avere parole.

Serve uno spazio vuoto, 

spesso servono silenzi 

per i turbamenti di chi scrive 

schiavo di emozioni e impressioni 

che anche solo un altro 

a leggere possa riconoscere”.

Un cuore logorroico

Stefania Congiu

Erika Carta

Svelati i titoli del Gruppo di Lettura “In libro Veritas”

Svelati i titoli del Gruppo di Lettura “In libro Veritas”

Argo Lettori… CI SIAMO!
Con trepidazione vi sveliamo i titoli delle storie che leggeremo e ci racconteremo, muovendo i nostri occhi e le nostre parole sul sottile filo della VERITA’, tema che abbiamo scelto e che ci accompagnerà in questa nuova Argoavventura.
-Fake (non è vero ma ci credo) di Daniele Aristarco. Einaudi Ragazzi
-Le luci nelle case degli altri di Chiara Gamberale. La Feltrinelli
-Una giornata dall’aria antica di Antonella Serrenti. Graphe.it
-Il buio oltre la siepe di Harper Lee. La feltrinelli
-Storia di Asta di J.K. Stefansson. Iperborea (consigliato dalla libreria Storytelling, Gonnesa)
-Il paradiso degli animali di D.J. Poissant. NN Editore (consigliato dalla libreria Mondadori, Iglesias)
Ogni libro ha la propria verità da narrare e noi saremo lì per coglierla e farla nostra.
Ma non è tutto… manca un titolo e SARETE PROPRIO VOI, partecipanti al gruppo di lettura “In Libro Veritas”, A SCEGLIERLO.
State collegati per scoprire in che modo

Leggere – Report Istat 2016

Leggere – Report Istat 2016

Abbiamo smesso di leggere anche i dati sulla Lettura. La fulminea reattività di chi scrive sul web, diffonde un commento del commento di un dato non letto. Proviamo quindi a leggerlo insieme, almeno per gli aspetti più significativi.

Il report ISTAT pubblicato il 27 dicembre 2017 sul tema: PRODUZIONE e LETTURA di LIBRI in Italia (anno di riferimento: 2016) è un .pdf di 23 pagine più le tavole.

Per una migliore e più completa visione dei dati, si rimanda al sito Istat http://www.istat.it/it/archivio/207939 dove si possono trovare il testo integrale, la nota metodologica, e tutte le 63 tavole della statistica.

 

PRODUZIONE

Breve visione dello stato della produzione. La produzione libraria in Italia è stata caratterizzata da un andamento opposto tra il numero di titoli pubblicati e la quantità di copie stampate: i primi sono aumentati del 20% dal 1996 al 2016, mentre la tiratura si è ridotta di oltre la metà.

La popolazione di riferimento* è composta da tutte le case editrici italiane e gli altri enti, sia pubblici che privati, che svolgono attività editoriale. Alla popolazione oggetto di rilevazione, composta complessivamente da circa 2.000 editori, appartengono anche le aziende che stampano libri e pubblicazioni come attività secondaria e che sono presenti, seppure in modo non continuativo, sul mercato editoriale.

(* l’insieme dei portatori potenziali, ma concreti, del Carattere statistico indagato da una Indagine statistica)

È bene quindi ribadire che le opere pubblicate a cui ci si riferisce in questa statistica non sono solo i “libri da libreria”, ma anche tutte le opere pubblicate da enti pubblici e privati che non svolgono attività editoriale a titolo principale.

Produzione, dato Italia, Regioni, Sardegna:

Opere pubblicate e tiratura per genere e provincia di pubblicazione – Anno 2016 (tiratura in migliaia)

 

Nel 2016, i circa 1.500 editori attivi censiti hanno pubblicato 61.188 titoli e hanno stampato quasi 129 milioni di copie (circa due copie per ogni cittadino italiano); in media, sono state stampate poco più di 2 mila copie per ciascun titolo pubblicato.

(In media la percentuale di chi dichiara di aver letto un libro in 12 mesi nelle isole è del 30,7%,  in media nella regione Sardegna è del 45,7% e la media nella Regione Sicilia è 25,8)

Titoli prodotti +20%      Copie stampate -50%

LETTURA

 

 

PERSONE DI 6 ANNI E PIÙ CHE HANNO LETTO ALMENO UN LIBRO PER MOTIVI NON SCOLASTICI O PROFESSIONALI NEI 12 MESI PRECEDENTI L’INTERVISTA PER REGIONE Anno 2016, per 100 persone di 6 anni e più della stessa regione

 

Disuguaglianze sociali, economiche e territoriali anche tra i lettori

Il livello di istruzione continua a essere un elemento fortemente discriminante nell’abitudine alla lettura, radicata soprattutto fra le persone con un titolo di studio più elevato: legge il 73,6% dei laureati (75,0% nel 2015) ma la proporzione si riduce già a poco meno di uno su due fra chi ha conseguito al più un diploma superiore (48,9% nel 2016; 50,2% nel 2015) per arrivare al 23,9% tra chi possiede al più la licenza elementare.
A livello territoriale, la lettura risulta più diffusa nelle regioni del nord-est e del nord-ovest, dove dichiara di aver letto almeno un libro oltre il 48% delle persone residenti (Figura 6 e Tavola 56).

Nel Sud, la quota di lettori scende al 27,5%, mentre nelle Isole si osserva una realtà molto differenziata tra Sicilia e Sardegna (25,8% di lettori rispetto a 45,7%). La tipologia comunale è un ulteriore elemento discriminante: risulta molto più diffusa nei comuni centro dell’area metropolitana, dove si dichiara lettore poco meno della metà degli abitanti (48,6%); la quota scende al 35,6% nei comuni con meno di 2 mila abitanti.

Al di là del contesto territoriale di appartenenza, la lettura si conferma un comportamento fortemente condizionato dall’ambiente familiare e la propensione alla lettura dei bambini e dei ragazzi è certamente favorita dalla presenza di genitori che hanno l’abitudine di leggere libri. Ad esempio, tra i ragazzi di 11-14 anni, legge il 72,3% di chi ha madre e padre lettori e solo il 33,1% di coloro che hanno entrambi i genitori non lettori (Figura 7 e Tavola 57).

Una famiglia su dieci non ha libri in casa

Nel 2016 circa una famiglia su dieci non ha alcun libro in casa, dato ormai costante da quasi un ventennio. Anche nei casi in cui è presente una libreria domestica, il numero di libri disponibili è molto contenuto: il 28,2% delle famiglie possiede non più di 25 libri e il 63,2% ha una libreria con al massimo 100 titoli.

Quasi il 25% ha in casa da 0 a 10 libri, di questi il 10% circa ne possiede 0

 

PERSONE DI 6 ANNI E PIÙ CHE HANNO LETTO ALMENO UN LIBRO PER MOTIVI NON STRETTAMENTE SCOLASTICI O PROFESSIONALI NEI 12 MESI PRECEDENTI L’INTERVISTA. Anni 2000-2016, per 100 persone di 6 anni e più

OVVERO: il 60% del campione dichiara di NON aver letto neanche un libro in 12 mesi

L’influenza dell’ambiente

Chi non legge non partecipa neppure alle attività culturali

 

Le motivazioni della non-lettura NON sono di carattere economico.

L’indagine nel suo complesso induce in modo naturale a una riflessione sul: Ruolo degli operatori culturali e sugli obiettivi dell’attività culturale

Emerge la necessità di:

  • Più Eventi culturali
  • Più Autori nelle scuole
  • Più Artisti nelle scuole
  • Più Biblioteche e più luoghi della lettura
  • Più Librerie

Maggiore è l’offerta e la qualità, migliori sono i dati relativi alla lettura e alla partecipazione alla vita culturale.

Gli eventi culturali hanno come obiettivo quello di accrescere il valore culturale di chi ne fruisce (come la scuola?)

Più ampia è la partecipazione meglio è, tuttavia le dimensioni della partecipazione non sono il fine (che resta la crescita culturale). 

 

Lo show dei numeri – i numeri degli eventi e i numeri dello show

«Se non si vede, sarà un successo». Questo lo spirito con cui è partita, in Francia, la grande offensiva del governo Macron sulla cultura, che sarà annunciata ufficialmente dal presidente a gennaio. Non si punta a iniziative a effetto ma a rivoluzionare il tessuto sociale francese dal basso e a esportare il modello in tutta l’Unione Europea.

  • Aumentare e migliorare l’offerta per i ragazzi
  • Partire dalla scuola (portando autori e artisti)

E poi?

  • In orari extrascolastici aumentare la quantità e qualità dell’offerta culturale nelle biblioteche e in altri luoghi di lettura
  • Aumentare fortemente lo scambio e la mobilità, anche sulle brevi distanze. Creare reti tra i comuni e tra le regioni, creare reti tra le manifestazioni culturali.

 Crediamo che anche in Italia queste possano essere le prossime sfide per tutti noi operatori culturali.

©ArgoNautilus