È una Sardegna ancora diversa a essere letta, tra le pagine de “I giorni del corvo”.

Distante da stereotipi già in “Piani inclinati”, sembra che a raccontarcela, questa volta, sia proprio Linda.

Linda De Falco, che arriva da Roma, con il suo abbigliamento austero, i modi rigidi, freddi, cui troviamo traccia di familiarità come verso una cara amica che non sentiamo da tempo e che riconosciamo immediatamente quasi le avessimo parlato ieri.

Allo stesso modo, Linda è cambiata come muta questa terra che l’accoglie, antica e nuova.

Perché quando un luogo entra d’impatto dentro il cuore, vi si annida e lì rimane, in continuo divenire e tornare al suo punto di partenza.

E Linda sa anche quanto può essere ostile. Suo malgrado ne porta la cicatrice in viso. 

Questa volta il Maggiore del ROS ha il compito di scortare attraverso l’isola, Paolo Fabbri, detto “Il Corvo”, tecnico informatico all’OCSE, che si ritrova catturato in Libia prima e in fuga poi, ricercato per cyber spionaggio e tradimento. 

Quella che comincia come un’operazione meticolosa e pulita, fatta di ritmi e ordini precisi dove ognuno sa perfettamente quale ruolo ricoprire, si trasforma in qualcosa dai contorni sfumati come la strada che scorre fuori dai finestrini dell’auto, in una giornata di luglio.

Piuttosto che utilizzare l’espressione “in un crescendo” o immaginare una pallina che rotola su un piano inclinato, come nel precedente romanzo, la sensazione che le pagine del nuovo lavoro di Eleonora Carta trasmettono… è la profondità.

E in un senso molto più ampio del termine stesso. Perché? Perché siamo in Sardegna.

E chi ci abita come Daniele Fois, chi torna per la seconda volta come Linda, o ci arriva per la prima come Paolo Fabbri, non può che esserne attraversato.

Così, di riflesso, noi che leggiamo.

Inghiottiti nell’intensità di questo ritmo tra scappare e rimanere, credere e dubitare. 

Spinti più volte dall’energia viva e pulsante di ogni aspetto dell’isola a diventare altro da noi, astratti dalla realtà per guardarci dall’esterno; distaccati e parte di un tutto molto più grande. 

Eleonora Carta ha trattato temi difficili, di natura delicata e non immediatamente accessibili a tutti, come sostiene “Il Corvo” stesso: “Intendo informazione corretta e completa, e intendo capacità di leggerla, interpretarla e codificare la realtà.

Ancora una volta però, con la scelta delle parole, è stata magistralmente noir nell’incutere disturbo e attivare la riflessione e con un tocco che è suo, suo soltanto, a travolgere chi legge dentro l’anima sfaccettata dei personaggi a lei cari, che per trasposizione diventano cari e imprescindibili anche a noi. 

“La Sardegna per loro non è un luogo. È l’unico luogo possibile. Il sito primario, archetipo di tutto ciò a cui tendono e che ineluttabilmente e incessantemente, li chiama a sé, ovunque si trovino. Anche se si trovano qua […] Nostalgia non come dolore per la distanza, ma dolore per il mancato ritorno. E non vale solo per chi ha lasciato l’isola. Vale anche per chi non è mai andato via”.

Erika Carta