Ho la ferma convinzione che i libri comunichino tra loro, senza che noi lo sappiamo.
Che prendano vita, fuori dagli occhi, tessendo collegamenti in testa, sulle linee delle nostre mani.
Come può la vita allegramente dissipata e profondamente scorretta di Barney Panofsky di cui si è letto per la prima volta nel 1997 grazie all’autore canadese Mordecai Richler, infiltrarsi tra le righe di un “Don Chisciotte in Sicilia” venuto fuori nel luglio 2022 dalla penna di Roberto Mandracchia, scrittore di Agrigento?
Non lo so. Eppure ho ritrovato uno nell’altro e sono sicura che l’unica risposta, sta nell’amore.
Perché io, dei libri m’innamoro.
E se le 484 pagine de “La versione di Barney” le ho amate molto lentamente, sbocconcellando pagina per pagina senza fretta, le 215 del “Don Chisciotte in Sicilia” non ricordo nemmeno di averle iniziate che già le ho finite.
Travolta da un ritmo incalzante e ironico, trascinata in una storia surreale che a volte, a finirci dentro, si capiscono tante più cose di quella realtà che troppo spesso ci appare incomprensibile.
Lillo Vasile, professore di italiano in pensione e vedovo, sprofonda proprio lì, dalla sua poltrona, dentro le vicende dei gialli di Andrea Camilleri, per fuggire una quotidianità troppo grigia, sempre uguale.
Mi è sembrato di vederli, lui e i suoi vecchi amici, che si incontrano su una panchina, con badanti a seguito, nelle calde mattine dal profumo di Sicilia.
E ha fregato pure me, quel luccichio nei suoi occhi quando alla targa del loro paese hanno aggiunto il nome Vigata e lui è improvvisamente diventato… il commissario Montalbano.
Roberto Mandracchia ha questa idea geniale di attingere alle radici della sua terra, alle storie del Maestro e di far diventare il suo protagonista un Don Chisciotte siciliano accompagnato dal fido Sancho Panza, che qui è “l’africano”, “Ousmane” o “Fazio” per l’occasione.
E lo fa con una tale tenerezza verso i personaggi che è impossibile non rimanere affascinati.
Intrighi, equivoci, dialoghi spassosi che tengono compagnia dalla prima all’ultima pagina.
E insieme, porta avanti la sottile denuncia che è propria dello stesso Camilleri, di Sciascia, a cura di una terra così piena di sole, bellezza e intelletto che è la Sicilia.
©Erika Carta