Ultimamente mi scopro scettica quando inizio a leggere libri di autrici, autori che amo.
Tanto lo so, che non mi deluderanno, che saranno sempre una garanzia, però ho lo stesso un po’ paura.
E questa emozione non mi disturba, al contrario. Perché poi quando arrivo all’ultima pagina sono così felice che a essersi sbagliata sia proprio la paura, e non io.
È la volta di Chiara Gamberale. Che è arrivata in libreria con il nuovo romanzo, “Dimmi di te”, che quando ho condiviso un reel dal suo profilo Instagram qualcuno mi ha chiesto: “Quindi? Cosa ci vuoi dire?” E tra le tante risposte che hanno affollato immediatamente la mia testa ho scelto: “che oggi esce il nuovo libro di Chiara Gamberale”.
E non l’ho comprato, quel giorno. E neanche pochi giorni dopo, quando ho preferito prenderne un altro, dallo scaffale alla Mondadori.
Ha dovuto aspettare, la mia autrice preferita, quella per cui sono volata a Roma, con Federica, a vedere “Qualcosa” e a riempirmi gli occhi di lucine davanti a lei. La mia Chiara.
Ma sono io che ho atteso lei e le sue parole che fanno sempre, sempre specchio con il mio vuoto. E dove mai, altrimenti, si specchierebbe il vuoto?
“Ho sollevato il capo dalle mie quisquilie per ascoltare le loro […] E io ho scelto le storie, fin da quando avevo l’età di Bambina. Dunque, mi dispiace: ma mettitela via. […] Scriverò l’ennesimo libro che straborda di quisquilie.”
E meno male.
Eterna adolescente, o “bambina marcia” come qui si definisce. Se sapesse che la parola quisquilie non può che ricordarmi Anacleto de “La spada nella roccia”, le basterebbe per capire quanto mi specchia questo specchio!
Qui Chiara parte da un blocco, il peggiore dei peggiori per una scrittrice, presumo.
Anche da questo ostacolo, però, nasce una domanda. C’ha sempre domande, lei.
Quando si leggono i suoi libri sembra che stia a scrivere soltanto di sé stessa… mai cosa si rivela più sbagliata.
“Ho letto i libri che hai scritto e so che partono da un’esperienza personale, ma immagino che non racconti proprio tutti i fatti tuoi e che sei abituata a mescolare le carte.”
Ecco, ci ha azzeccato una delle sue stelle polari: una tra le persone di cui ha raccolto la storia in un quaderno giallo per rispondere a quella domanda: “Sei riuscito a crescere? Mi spieghi come si fa?”
Chiara, a proposito della magia riscoperta che tanto nomina in questo libro, mescola le carte. Le sue, quelle delle persone da cui è circondata e che ci racconta… e le nostre.
Inevitabilmente, che ci piaccia o no.
Io la trovo meravigliosamente complessa, la sua scrittura. O la lettura, che per me, come per lei, è la stessa cosa.
Mi fa impegnare, mi fa cadere, mi fa dissentire e distaccare. Mi fa riconoscere.
È cerotto e strappo sulle ferite.
Così, mentre parla di sé e di noi, ci racconta le storie di Raffaello, Ivan, Renata, Marcolino, Paloma, Stefano (che rende meglio come Terence di Candy Candy).
“Storie d’amore, tutte.
Tutte patologie elette a sistema.”
Le sono grata. E sono grata a me per le mie scelte, le mie letture, in ogni senso.
“Eravamo troppo piccoli per comprenderla, ma ci entrava nel sangue. […] dobbiamo pretendere bellezza dal mondo. […] La salvavano le quisquilie.”