Oggi, 26 aprile, si è conclusa la IX Edizione della Fiera del Libro di Iglesias.
No, non ho sbagliato.
Lo so bene che le date canoniche vanno dal 22 al 25, che i giorni sono quattro.
Ma è nelle ore della mattina successiva che finisce veramente ogni edizione.
Devastati di stanchezza ci trasciniamo ancora una volta lì, in Piazza Pichi, dove pulsa questo cuore che irradia la sua linfa in vari altrove vicini e lontani, oltremare.
Rimane qualche sedia da sistemare, casette da svuotare, scatoloni e macchine da riempire.
Viaggi carichi alla Sede di Argonautilus che tutto conserva e presto restituisce.
E per fortuna c’è sempre qualche ospite che ancora non è partito.
Io li guardo, mi fermo e vedo i miei colleghi Argo… i miei amici, che si muovono da una parte all’altra con l’adrenalina da smaltire.
Ed è lì che mi rendo conto.
Mi rendo conto che anche questa Fiera è esistita davvero, che ce l’abbiamo fatta una volta ancora seppure in qualche momento abbiamo temuto di no.
Come ha scritto la nostra Stefania, della Mondadori di Iglesias… siamo Argonauti, mica extraterrestri. (Anche se ho l’impressione che ci andiamo molto vicini.)
Questa mattina, per esempio, gli ospiti superstiti erano tre librai da Torino, Barcellona e Trieste e ognuno di loro è anche tanto più di un semplice “venditore” di libri.
Erano lì, su tre sedie vicine a parlare fitto fitto e io gliela scorgevo quella luce che vedo sempre dentro gli occhi di tutte le persone che vengono da noi alla Fiera e si scambiano numeri di telefono insieme a pensieri e sensazioni. Creano contatti e sono ben intenzionati a mantenerli.
Ci abbracciano quando arrivano, ci dicono “grazie” e “complimenti”, sorridono, brindano a noi e con noi.
Ci abbracciano quando se ne vanno.
E ormai, più d’uno rivolge uno sguardo attento, pronto a chiedere: “Hai bisogno di aiuto?”
Attenzione.
Questo era il tema del 2024, comune a tutti i festival della Rete Pym.
Devo essere onesta: non l’ho compreso nell’immediato quanto poi mi si è dipanato davanti agli occhi e dentro la pelle, durante l’organizzazione e in questi giorni appena trascorsi.
Attenzione: parola che porta con sé molteplici significati, alcuni così semplici da sembrare scontati. Ma non sia mai! È proprio la profondità di questo concetto che abbiamo sviscerato negli svariati incontri che hanno letteralmente riempito dal vivo piazze, bar, teatro e virtualmente radio e social.
Attenzione alla Terra.
Attenzione al Libro e al diritto d’autore.
Attenzione alle scuole.
Attenzione alla Libertà.
Alle parole da usare, ai gesti, alle sensibilità che albergano dentro ognuno di noi.
Attenzione: parola che porta con sé anche il suo contrario: Disattenzione.
Perché sì, esiste anche quella. Eccome se esiste.
Ma, come ho appreso poc’anzi dalle parole di un caro amico… “In un mondo di moralisti della domenica che parlano e parlano e parlano ma non fanno mai un cazzo di vero[…]non cercare mai compassione e vittimismo è l’unico modo di zittirli. In un mondo di pagliacci che si esibiscono senza nemmeno chiederti i soldi del biglietto, è solo respirando la strada che si può arrivare alla persona, ovvero allo scheletro, all’uomo in purezza.
Lo scheletro, esatto, le ossa: ecco cosa mi interessa. Chi fa la morale, chi non è capace di autocritica, chi non è meritorio di altra risposta se non un assordante silenzio, semplicemente, può andarsene a fare in culo lontano dalle mie parole, che sono la cosa più importante che ho essendo l’unica cosa.”
Ed ecco perché non userò le mie parole per la disattenzione.
Non mi interessa.
Può volare via come “la foglia”.
Perché oggi sono sì malinconica (ancora non come lo sarò nei giorni a venire) ma soprattutto sono colma di amore dato e ricevuto, sono fiera, grata e felice.
Sempre.
Ed è per raccogliere le mie emozioni e dire questo, solo questo, che scrivo.
La mia gioia, ho scoperto in un tavolo in mezzo al verde sotto un cielo clemente, profuma di mandarino.
Il tempo della Fiera del Libro di Iglesias è sempre un po’ strano, sembra muoversi infinitamente piano e smaterializzarsi dal momento in cui si dice: “Benvenuti alla prima Colazione d’autore” a “Grazie al Circolo Musicale Verdi per l’evento conclusivo.”
Ogni volta che finisce è come un po’ “morire”, ma noi Argonauti non sappiamo fare niente di meglio che rinascere dalle nostre ceneri… come la Fenice.
Dimentico qualcosa?
Ah sì, giusto la giornata “Iglesias come Hogwarts.”
Mi dispiace ma se proseguissi qui, poi dovrei cercare un editore per pubblicare questo che diventerebbe un romanzo.
Per cui sappiate che devo ancora metabolizzare a lungo, prima di scriverne.
“Tu sei un mago Harry.”
“Io sono… cosa?”
“Un mago! Un mago coi fiocchi direi, una volta studiato un pochetto.”
“Non posso essere un mago, voglio dire… sono solo Harry… solo Harry!”
© Erika Carta