Leggere parole dal Medioevo

di Claudia Aloisi

Sabato 3 ottobre, dieci del mattino, Teatro Electra di Iglesias.
Con la dottoressa Daniela Aretino il tema della Fiera del Libro, “La parola crea mondi”, si riveste di Storia.
In una masterclass di quasi tre ore intense e appassionate, la Daniela ha illustrato il celebre “Breve di Villa di Chiesa”, documento storico di eccezionale importanza che racchiude in quattro libri le leggi e le norme in vigore a Iglesias almeno dal 1327.
L’allusivo sottotitolo del corso, “Leggere parole del Medioevo”, giocando sugli omografi “lèggere e leggère”, ha suggerito la possibilità di restituire connotati più lievi, e forse più realistici, a quel periodo maltrattato e talvolta frainteso che è il Medioevo.
Nel cuore della masterclass, le parole: metterle al centro come specchio di vita, analizzarle e capirne origine e significati, intuire il sostrato culturale di chi le utilizzava. Sulle parole, e con le parole, si è anche giocato, in quel misto di levità e cura che appartiene a chi ama profondamente il suo lavoro ed è capace di trasmetterlo.
La dottoressa Aretino è entrata con grazia nei dettagli dell’etimologia e dell’uso di numerosi termini presenti nel Breve nei diversi ambiti giuridici: dai crimini, alle regole del commercio, alla vita in miniera.
Da questo attento esame della lingua tra presunto pisano, sardo, latino e persino antico tedesco, sono emerse alcune evidenze interessanti: in primo luogo la “modernità” delle norme citate, che mostrano attenzione alla realtà del territorio e un insospettabile, attualissimo senso civico. Ma soprattutto questo studio delle parole ci restituisce in modo vivido la temperie storica, sociale ed emotiva degli uomini di sette secoli fa: magaluffo era la mancia dovuta all’incantatore di aste, ombraco la tettoia, derratale un’unità di misura per il vino, guelco il capo della fonderia.
E pareva quasi di vederli, questi uomini, passeggiare per Villa di Chiesa, alle prese con le loro beghe quotidiane, i loro crucci e le loro soddisfazioni. Come se, ripetendo quelle sillabe, quei suoni antichi, potessimo far rivivere ciò che le persone di quel tempo sperimentavano e provavano.
Ancora una prova, se fosse necessaria, che “la parola crea mondi”: anche quelli passati.

Speciale Fiere del Libro: Fiera del Libro di Iglesias

Per il Sito:
http://liberatrailibri.blogspot.com/2020/05/speciale-fiere-del-libro-fiera-del.html

(a cura di Erika Carta, ArgoNautilus)
by Leryn (Libera tra i Libri) on 10:30

Buongiorno Lettori,
ci spostiamo nella stupenda Sardegna per parlare della Fiera del Libro di Iglesias!

L’Articolo che state per leggere è stato redatto da Erika Carta, socia di ArgoNautilus , associazione che dal 2016 organizza con grande impegno e passione La Fiera del Libro di Iglesias .

Ringrazio Erika e tutta ArgoNautilus per l’aiuto offerto.
Questo Post vi permetterà d’immergervi nella storia dell’evento e di scoprirne il futuro.

Pronti?

Era il 2016 e già si respirava un’aria diversa, di cambiamento.
Iglesias, città medievale del sud Sardegna, sembrava sul punto di esplodere. Nuove idee, voglia di fare, entusiasmo, da troppo tempo sopiti dietro anni un po’ vuoti, piatti, di stasi.
Posso dire fieramente che la spinta che ho sentito maggiormente sotto i piedi e che mi ha permesso, finalmente, di muovermi in avanti è stata la Fiera del libro di Iglesias.
L’idea, piccola come un seme e per questo già immensa, nasce da Eleonora Carta, scrittrice e Maurizio Cristella, Direttore artistico dell’AssociazioneCulturale Argonautilus.
Chiamarla Associazione Culturale è una mera riduzione rispetto a ciò che è veramente:
Argonautilus è più un modo di essere. Caratteristica principale: la caparbietà.

Non smetteremo mai di esplorare. E dopo tutto il nostro andare torneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta”.
T.S. Eliot

Il nome è un forte richiamo alla natura che circonda la nostra isola: il mare.
Argo come la prima nave che solca le acque nel mito di Giasone, Nautilus come il sottomarino del capitano Nemo.
E da ben cinque anni gli Argonauti navigano su un mare talvolta placido, talaltra in tempesta, in quest’avventura che ha come protagonisti i libri e la cultura.

La Fiera del libro di Iglesias è una fiera itinerante che grazie alla sua appendice, la Fiera Off, si muove durante tutto l’anno tra Iglesias e i Comuni partner, con eventi culturali che coinvolgono scuole, librerie, musei, biblioteche, autori, editori, associazioni e cittadini.

Nei quattro giorni di Aprile, 22-23-24-25, il centro storico di Iglesias vede la manifestazione al suo culmine. Le piazze prendono vita, sotto stand zeppi di libri e si può toccare con mano la vividità di questo mondo, assistendo a colazioni d’autore, tavole rotonde, incontri e rappresentazioni tra le vie, il Teatro Electra, e le sale di biblioteca e musei.

La scelta delle date non è casuale: 22 Aprile: Giornata della Terra, 23 Aprile: Giornata del Libro e del Diritto d’Autore, 25 Aprile: Giornata della Liberazione. Ricorrenze attorno alle quali saremo sempre fieri di riunirci per ricordare, celebrare e riflettere in modi sempre diversi e attenti.

Ogni anno la Fiera de libro di Iglesias si snoda attorno a un tema differente e raccoglie pensieri e parole, iniziative di tutti i soggetti sopracitati che insieme si muovono alla volta di un unico, comune obiettivo: diffondere cultura,
privilegiare la discussione costruttiva, tramite un mezzo che da sempre è promotore di progresso e divenire: il libro.

Edizione 2016: “La cultura al KM0” per esplorare il rapporto tra la produzione artistica e le radici culturali;
Edizione 2017: “La padrona della Festa”, per esplorare il rapporto tra uomo, natura, ambiente e territorio;
Edizione 2018: “Costruire – Nec sine labore”, per costruire insieme conoscenza, coscienza, identità, consapevolezza, e reti di lavoro;
Edizione 2019: “Quid est Veritas?” alla ricerca della verità nell’informazione, comunicazione e realtà storica;
Edizione 2020: “La Parola crea Mondi”: la parola come atto creativo ed evocativo, dalla letteratura alla comunicazione.

Come detto, un piccolo seme porta in sé un nucleo di potenzialità da coltivare con cura, piantato in un terreno fertile che raccoglie tutta l’energia buona possibile. In questi anni è cresciuta tanto, diventando nodo di una rete più ampia che lavora a ritmi simultanei.

La Rete PYM che vede oltre alla Fiera del Libro di Iglesias, altri tre Festival gemelli: Festival GialloGarda, Elba BookFestival, ognuno di essi generato dai medesimi intenti.

Una volta l’anno, la nave Argo s’imbarca, pronta a partire verso il mare aperto del Salone Internazionale del Libro a Torino. Nello spazio dedicato al Super Festival, portiamo fuori dalla Sardegna un bel pezzo del territorio in cui viviamo e raccontiamo di come proviamo a prendercene cura, nel nostro piccolo.

Da qualche tempo abbiamo deciso di dedicarci una giornata che potesse essere spazio di incontro festoso: “I mercoledì di Argonautilus”, nei locali della nostra sede, senza perdere di vista il motore intimo che muove ogni nostra iniziativa.

Inoltre, nell’Ottobre del 2020, compirà due anni anche l’Argo Circolo Letterario, nato all’interno dell’Associazione, dal desiderio impellente e, di conseguenza, bisogno necessario di creare due Gruppi di lettura di cui si sentiva mancanza nel territorio: InLibroVeritas per gli adulti e Fantadìa per i più piccoli. Due mondi dove è possibile incontrarsi, creare, parlare ancora di libri, leggere a voce alta, riflettere sulle pagine e raccontarsi liberamente.

Perfino in un momento difficile come quello che abbiamo e stiamo vivendo, ArgoNautilus e la Fiera del Libro di Iglesias, dopo lo sgomento iniziale, si sono risollevati e con immenso piacere e forza d’animo hanno adattato i propri eventi alla fruibilità da lontano, “da casa”, creando ad hoc la Fiera Off Web, consolidando le collaborazioni esistenti e stringendone di nuove, partecipando a “Il Maggio dei Libri” e rimanendo aggrappati sempre al libro, alla lettura, ai mondi creati dalle parole e mai come in questo momento alla potenza vitale della cultura.

Ed è stata nuova linfa, infinita energia che continua a scorrere, nonostante tutto.
Se non è passione questa, cosa lo è?

La misura eroica

La misura eroica

“Indicibili sono i colori dell’acqua, perché non si può chiamare per nome  la luce che l’accende di giorno – trasparente, blu, cristallo, perla – e la spegne di notte – nero, vino, luna”.

Il mare. 

Così lo descrive Andrea Marcolongo nelle prime pagine de “La misura eroica”, e così lo ritrovo ogni volta che ho il primordiale bisogno di andare a guardarlo, figlia della mia isola.

Lo vedo perfino ad occhi chiusi o quando bene aperti, ne leggo.

In queste duecento pagine circa, la Marcolongo racconta “il coraggio che spinge gli uomini ad amare” (nel senso più ampio del termine, aggiungo io) e lo fa attraverso due storie, amalgamate tra loro con tenera maestria.

Ogni capitolo si apre con un breve pensiero tratto dal manuale in lingua inglese del 1942: “How to abandon ship”, dove l’autrice scorge l’importanza di resistere ai naufragi della vita, piuttosto che fuggire, abbandonare.

La tua nave è progettata per resistere alle tempeste più di quanto lo sia tu, marinaio”.

Il passo poi è lasciato a una grande storia, un mito greco che risale all’età micenea.

Racconta di Giasone, giovane ragazzo figlio di Esone che fu re della città di Iolco, che pur di sottrarre il trono al malvagio zio, Pelia, accetta la sua sfida: “Và alla ricerca del vello d’oro. Vediamo se ci riesci”. 

Era bastato questo a muovere, nella profondità dell’anima, la sua voglia di partire, tralasciare la sicurezza della terra madre per cercare altrove e tornare, dal viaggio, diverso. 

Altri cinquanta giovani vollero seguirlo nell’impresa.

D’altronde è a noi chiaro che superare quella soglia significava crescere, maturare, ad ogni modo. Muoversi.

E, come un Peter Pan al contrario, restare fermi avrebbe significato rimanere eternamente giovani, ignari. 

Quei ragazzi pronti a salpare furono per sempre chiamati con il nome della nave cui avevano scelto di appartenere: Argonauti”.

[…] Fu allora che, per la prima volta nella storia dell’uomo, una nave, scivolò dentro il mare […]

La nave era femmina e sotto la prua, nella chiglia, aveva intagliato il viso di Atena, colei che l’aveva costruita, non certo perché rimanesse ferma in porto.

“La nave Argo era bellissima. Argo era stata fatta per navigare verso l’ignoto, e poi tornare a casa”.

Questa frase mi riporta inevitabilmente a un’altra, nata dalla penna di T.S. Elliot:

“Non smetteremo mai di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare, ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta”. Motto, se così vogliamo chiamarlo, che mi è entrato dentro radicando ancora più profondamente la consapevolezza che ogni passo è, a sé, un viaggio. E che mai torneremo uguali a come siamo partiti. Si tratta di prospettive.

“Nel mezzo c’è tutto il resto, e tutto il resto è giorno dopo giorno…” 

Lo so, questo articolo è un continuo richiamo, da una citazione a un’altra. Ma è la mia spirale emotiva, piena e aperta.

Non credo di fare spoiler se dico che Giasone tornò eccome nella sua Tessaglia, con il vello d’oro, mutato per sempre nel profondo del suo essere, da ogni avventura vissuta per mare e nelle altre isole, con le persone. Insieme a Medea.

La misura eroica era data dall’esperienza di superare se stessi, non dal risultato”.

E certo, nulla sarebbe stato possibile se non fosse stato per l’amore: la più grande forza, unica e necessaria a muovere ogni cosa. 

E a chi, stolto e apatico dice è impossibile, la Marcolongo risponde:

“Se solo non ci dimenticassimo che un tempo siamo stati Argonauti cui nulla importava se tutti dicevano è impossibile, per noi non solo era possibile, ma doveroso. Avevamo urgenza, bisogno di provare per poi vivere”.

D’altronde “fallire non significa non inciampare mai, ma scegliere di restare a terra”.

Questo mito senza tempo ha incantato gli uomini di ogni epoca. 

Nel 1382 un ordine segreto di rivoluzionari anarchici comparve a Napoli facendosi chiamare gli Argonauti di San Nicola.

Nel 1945 la conferenza di Yalta che pose fine alla seconda guerra mondiale fu inizialmente denominata La conferenza degli Argonauti.

Nello sport il club dì football con il nome originario più antico nel Nordamerica fu coniato nel 1873: i Toronto Argonauts.

Diverse navi hanno preso ispirazione dalla prima Argo, per i loro nomi, compreso il primo sottomarino della storia.

E poi ci siamo noi. 

“Come sinonimo di squadra, di solidarietà e di coesione tra amici”.

A bordo della nostra nave che solca questo mare sempre mutevole,  un po’ Argo un po’ Nautilus

Ogni giorno, a partire dalle vele srotolate di Argo, ci mettiamo per mare affrontando venti e tempeste per arrivare a riva, ovvero per diventare diversi da come siamo partiti, superando la linea d’ombra e varcando la nostra soglia.

[…] Non stai forse navigando anche tu, come tutti noi, umani e contemporanei Argonauti , attraverso i mari che ci separano dall’essere grandi, a qualunque età?

Chi era Gianni Rodari? Uno sguardo alla sua biografia.

Chi era Gianni Rodari? Uno sguardo alla sua biografia.

Sulla riva settentrionale del Lago d’Orta, in Piemonte, sorge Omenga, il paese che ha dato i natali a Gianni Rodari.
Ho sempre adorato questa espressione: immaginare i luoghi e le quattro mura dove uno scrittore ha passato le sue vigilie più belle, germogli di fantasia.

“Ritorna ogni anno, arriva puntuale
con il suo sacco Babbo Natale:
nel vecchio sacco ogni anno trovi
tesori vecchi e tesori nuovi […]”

È il 23 ottobre 1920 quando Giovanni Rodari apre gli occhi sul mondo.
Nato da Giuseppe e Maddalena Aricocchi, si forma alla scuola elementare di Omegna per sole quattro classi.
Un lutto in famiglia comporta il trasferimento in Lombardia.
È il papà ad andarsene a causa di una broncopolmonite, in seguito al salvataggio di un gatto sotto un violento temporale, così si racconta.
È curioso come “il gatto” torni spesso nelle sue opere, forse per esorcizzare l’evento tragico che lo segnò da bambino.

“Sì, signora maestra,
mi sono un po’ distratto:
ma per forza con quel gatto,
con l’inverno alla finestra
che mi ruba i pensieri
e se li porta in slitta
per allegri sentieri”.

Nel 1937 si diploma come maestro alle magistrali e pur iscrivendosi dall’Università non completa gli studi, abbandonando il mondo accademico dopo pochi esami.
Altri tempi, è vero, eppure la dimostrazione che il genio, la volontà e la passione possono prosperare anche fuori dalla mera formalità di un documento cartaceo che definisce “dottore”.
Maestro di scuola, e di vita, perché non è da tutti ammettere di imparare dagli stessi bambini a cui insegna, soprattutto nel campo della fantasia.

Nel dicembre del 1943 viene richiamato alle armi dalla Repubblica Sociale Italiana ma ben presto si unisce alla Resistenza Lombarda, avvicinandosi al Partito Comunista Italiano.
Innumerevoli, le parole spese per la pace.
Nel 1953 sposa Maria Teresa Ferretti dalla quale avrà una bambina, Paola.
Nel 1970 vince il premio Hans Christian Andersen.
Florida è la sua attività come giornalista: occhio attento e delicato a quello che succede nel mondo e un’immensa maestria nel saperlo riportare con un linguaggio chiaro, semplice e profondo, fruibile da tutti… bambini e adulti.
Il corpo di Gianni Rodari lascia questo mondo il 14 Aprile 1980.
Scrittore, poeta, pedagogo senza tempo, con l’umanità e l’umiltà che lo hanno contraddistinto e che rimangono eco tra le parole delle sue opere.

E dopo questo fugace sguardo nella vita di un uomo che io conosco grazie alle mie maestre, nel prossimo articolo la parola andrà proprio a loro: insegnanti che da sempre lo scelgono per trasmettere il sapere.
Continuate a seguirci!

©Erika Carta

Alla fonte delle parole

Alla fonte delle parole

Avida di parole da quando ricordo di ricordare, o forse anche prima, mi sono imbattuta in un libro che narra della fonte da cui sgorgano.

Inesorabili e prepotenti, delicate e deliziose, stanno sempre con me.

Corsi d’acqua in continuo movimento o fotogrammi scattati in tempi remoti e per sempre conservati immobili nel cassetto della memoria.

E di memoria, parla l’autrice Andrea Marcolongo. Pozzo da cui attinge, riconoscendo 99 parole che fanno parte della sua vita e che, se state bene attenti, potete fare anche vostre, in questo lessico di condivisione di cui ci ha fatto regalo.

Non le avevo mai guardate sotto questa luce, che antica fiammeggia e tutta nuova rischiara il loro significato essenziale. Come un guscio d’uovo, a lungo covato nel tepore della cura, che quando si spacca emana bagliori dalle sue crepe.

Così, è stato per me questo libro. Meraviglia, pagina dopo pagina.

Fasci di consapevolezza brillante e specchio dentro cui annegare per ritrovarsi.

Rinascita e conferme.

Termini come “lemma” “etimo” “panromanza”, che mi fanno sentire allacciata a questo mondo più che mai.

Dire, sempre.

Ci sono entrata dentro, godendo di sapienza dall’inizio alla fine, leggera ma non più superficiale.

Ho pensato di salvare un solo etimo, che fosse tutto mio.

L’ho trovato quasi subito, emozionata.

Ma poi, come margherite in un prato verde, ne sono spuntati altri.

Ognuno con il suo perché, perle incastonate nel mio essere.

Eppure, chiusa l’ultima pagina, ha rimbombato, come battito di cuore, quello che avevo scelto già in principio.

Non sono più tanto sicura che sia stata un’azione mia, quanto più che la parola abbia trovato me, ancora una volta.

È il mio turno di condividerla e perpetrarla.

Leggere.

“Quello di leggere è uno dei miei etimi preferiti di sempre, perché, se ripercorso a ritroso e con cura, indica che senza parole non può esistere decisione alcuna”.

“In greco antico, il verbo légo, che rimanda direttamente al latino legere, significava sia raccogliere, sia scegliere, sia raccontare”.

“Raccontami una storia: da sempre il primo istinto, il primo bisogno, degli essere umani. Per vincere la paura del buio, dell’ignoto, dei fantasmi, della morte”.

“E grazie al potere delle parole, trasformiamo la vita in narrazioni che ci fanno sentire un poco più al sicuro, e un poco meno spersi”.

“In fondo solo questo significa parlare, e allo stesso tempo leggere: non tanto acquistare un libro da tenere per anni su un comodino finché non sarà ricoperto di polvere, la copertina sbiadita dal sole che ogni mattino filtra dalla finestra. Bensì, in mezzo a mille e mille grumi emotivi, saper scegliersi. Dunque, saper dirsi”.

Andrea Marcolongo.

©Erika Carta

Le parole

Le parole

Le parole.

Di Gianni Rodari

“Abbiamo parole per vendere

parole per comprare

parole per fare parole

ma ci servono parole per pensare.

Abbiamo parole per uccidere

parole per dormire

parole per fare solletico

ma ci servono parole per amare.

Abbiamo le macchine per scrivere le parole

dittafoni magnetofoni

microfoni telefoni.

Abbiamo parole per fare rumore,

parole per parlare non ne abbiamo più”.

Sembra l’abbia scritta adesso, apposta per noi, per questa quinta edizione della Fiera del Libro di Iglesias. “La parola crea mondi”.

Invece è una filastrocca che di anni ne ha ben sessantasette.

Quanta intramontabile, sfrontata verità si legge tra queste righe.

Una parola può germogliare come un fiore e un’altra si affila, diventando coltello. E la cosa magica, o tragica, è che ognuno di noi può impugnare il manico o lo stelo.

In questo tempo in bilico tra parole svuotate, inaridite del loro significato, e di contro parole pompate, irrorate col peggior pesticida al mondo, la menzogna, basta leggere una filastrocca perché tutto si fermi e metta in moto, un attimo dopo, l’ingranaggio della riflessione.

È una voce bambina, quella che ripete i versi. Riecheggia tra i muri tappezzati di cartelloni, rimbalza sulle tende, torna sopra quel banco di legno verde chiaro, scheggiato in alcuni punti. Pianta il seme delle domande.

È una voce consapevole, quella che legge ora.

Ed è di incredibile bellezza che la distanza tra gli anni diventi nulla e quanto il tempo venga attraversato dalla potenza di un mezzo come la scrittura, quella che rimane; che ancora, e per fortuna, apre gli occhi come fosse la prima volta, ti fa guardare intorno e soprattutto porta a chiedersi sempre “perché?”.

E allora sì, che nascono parole.

Parole che amano.

Parole che pensano.

Pensieri che parlano.

La grandezza di Gianni Rodari verrà celebrata a gran voce in questo anno, perché nel 2020, precisamente il prossimo 23 Ottobre, l’autore, il maestro, avrebbe compiuto cent’anni.

Eppure il verbo “avrebbe” non mi è congeniale, in questo caso. Sottende chiaramente un “se”: se non fosse deceduto nel 1980.

Ma come si può considerare tale, se ancora oggi siamo qui a parlarne?

No, uno spirito così diventa immortale, grazie alle sue parole.

Ma chi era Gianni Rodari?

Ne parleremo ancora… Seguiteci nel prossimo articolo!

©Erika Carta

Gioia a profusione

“Non sto più nella pelle”.

Mi è sempre piaciuta questa espressione, trovo sia la descrizione che più si avvicina a come sta davvero la realtà, alcune volte.

Senti che qualcosa custodito profondamente nel tempo, scalpita con frenesia battendo più forte perfino del cuore. Si proietta fuori, verso ciò che sarà ma che ancora non è.

Chiassoso, difficile da contenere. Abbatte gli argini e straripa in libertà.

Non sto più nella pelle.

Poi succede che il volume esterno i cui decibel non si possono quantificare, sfuma fino a diventare sussurro unanime, quasi playback.

Non senti nient’altro che brividi in quella pelle ricongiunta finalmente a te stesso.

Succede, quando entri al Salone Internazionale del libro di Torino.

E ti rendi conto dell’immensa fortuna e di “come spesso basti un viaggio, pochi

grammi di coraggio”, per varcare la porta di un sogno.

144.386, scrive il direttore Nicola Lagioia. Anime come te, riunite sotto il tetto del Lingotto Fiere a camminare tra padiglioni di libri e persone, in flussi multidirezionali.

È pazzesco.

Diventa un luogo amplificato, senza tempo. Ti muovi veloce cercando di tenere il passo con gli occhi che schizzano fuori per cercare di carpire ogni dettaglio.

Ogni tanto una voce nella testa ti ricorda che sei davvero lì, perché non è facile crederci.

Te ne vai stanco, ti duole ogni muscolo, fischiano le orecchie, se chiudi gli occhi vedi pile di libri e passi svelti.

Vorresti riposarti a un certo punto, ma sei una bomba di energia sull’orlo dell’esplosione, che quando esplode ti rende suscettibile e insopportabile.

Ma poi ridi. Di gioia a profusione.

Succede tutto questo e di più quando oltre ad andare per la prima volta al Salone internazionale del libro di Torino, ci vai con un gruppo che non è soltanto un’Associazione Culturale, ma una rete di amici. Un gruppo di Argonauti coraggiosi che stanno gettando basi solide per creare qualcosa di sempre più grande: la diffusione della cultura, la cultura del libro, della lettura, della condivisione e della costruzione di mondi perpendicolari e paralleli.

La Fiera del Libro di Iglesias 2018, partner del Superfestival, diventa una goccia nel grande mare di una realtà come quella di Torino, in questa sua 31esima edizione.

Il mare intorno.

Ispirato al romanzo dell’autore sardo Giulio Angioni, è questo il titolo dell’evento che vede il cuore pulsante di Argonautilus raccontare cosa c’è sotto l’organizzazione di una fiera letteraria in una città come Iglesias. In particolare il balzo di crescita che ha fatto in questa sua terza edizione, guidata dal tema Costruire – Nec sine labore.

E si ricrea un po’ di quella magia.

Ancora una volta a riunirsi in festa, per narrare, sono state le persone. L’Assessore alla Cultura, vicesindaco di Iglesias Simone Franceschi; Marco Belli, Livio Milanesio, Chiara Cuttica, Diego Galdino, Daniele Aristarco: autori ed editori presenti in Fiera a Iglesias, che sono arrivati come ospiti e sono andati via come amici hanno raccontato la loro esperienza, mentre in sottofondo scorreva il video, realizzato da Valentino Film the Life, dei quattro giorni di Aprile in cui si è svolta. Momenti immortalati e salvati per sempre.

Tutto questo ha portato davvero un’altra boccata di orgoglio.

Ha arricchito notevolmente il bagaglio con cui ero partita, incontro a questa nuova avventura. C’è sempre tempo per emozionarsi, per imparare, ricevere e donare.

C’è sempre vita nello spazio culturale.

©Erika Carta

#EffettoFiera

#EffettoFiera

Avete presente quando da bambini si imparano le parole? Con il tempo diventano parte di noi, ne abbiamo piena la testa, le pronunciamo all’occorrenza, ne conosciamo il significato.

Ma vi è mai capitato che un vocabolo prendesse vita?

A me è successo con la parola COSTRUIRE.

Il contesto è stato la Fiera del libro di Iglesias.

Arrivata alla terza edizione, la fiera si svolge in quattro giorni nel mese di Aprile. Sono giorni in cui le piazze del centro storico pullulano di energia, che se stai bene attento, la puoi sentire a fior di pelle. Quest’anno ho potuto toccare con mano ciò che sta dietro le quinte. Ho assistito e partecipato al graduale dipanarsi della trama celata dietro la realizzazione di un evento che non è fine a se stesso.

È stato come se ogni forza impiegata in questo lavoro avesse depositato di volta in volta, di mese in mese, qualcosa di sè.

Come il muro che abbiamo innalzato nel corso della manifestazione: un muro fatto di libri per simboleggiare che mattone dopo mattone insieme si può costruire, unire e non dividere.

Costruire-Nec sine labore.

Costruire-Non senza fatica: il tema scelto per raccontare questa terza edizione.

Parole che ho visto esplodere davanti ai miei occhi, in ogni sfaccettatura; un concetto emerso in tutti i  punti del ricco programma, articolato in colazioni d’autore, inaugurazione di mostre, incontri con autori, animazione alla lettura e diversi laboratori.

Progetti e flashmob con protagonisti i ragazzi degli istituti superiori di Iglesias, impegnati nell’alternanza scuola lavoro, che hanno lavorato con dedizione portando avanti la riscoperta di valori e ideali, costruendo emozioni, passione per i libri, consapevolezza assieme a guide motivate e competenti.

Tavole rotonde dove a discutere sono stati autori, editori, librai, giornalisti, geologi, fotografi, assessori alla cultura che nei loro dibattiti hanno gettato le basi per costruire ancora coscienza, identità, cultura, coscienza ambientale.

Ma è stato aggirarsi tra le vie che collegano le piazze coinvolte, in mezzo agli stand e le installazioni a tema create dai ragazzi delle scuole, a portarmi dentro la reale magia che eventi come questo creano, con un sano sistema di causa-effetto.

Aggregazioni di persone e idee, scambi di cultura dove le differenze si evidenziano ma coesistono in un terreno neutro di crescita.

A fare da sfondo pittoresco: Iglesias, città che affonda le sue radici nella storia, ma che cambia volto, diventando fulcro di energia potentissima in cui si respira aria fresca di novità, consapevolezza e voglia di cambiare.

Concludo con una citazione di Niccolò Fabi che inconsapevolmente ha prestato il testo di una sua canzone come colonna sonora di questa edizione:

“E in mezzo c’è tutto il resto. E tutto il resto è giorno dopo giorno. E giorno dopo giorno è silenziosamente costruire.”

©Erika Carta