Un programma ricchissimo di eventi!
Dal 29 settembre al 04 ottobre tra i Comuni Partner di Iglesias, Gonnesa, Portoscuso, Domusnovas, Villamassargia e Musei. Scaricabile in formato PDF o in giorno per giorno.
Sito Ufficiale ARGONAUTILUS APS
Un programma ricchissimo di eventi!
Dal 29 settembre al 04 ottobre tra i Comuni Partner di Iglesias, Gonnesa, Portoscuso, Domusnovas, Villamassargia e Musei. Scaricabile in formato PDF o in giorno per giorno.
“Il salone non ha un pubblico. Il salone ha una comunità.”
Nicola Lagioia, Direttore Editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino.
Io sono uno dei centosessantottomila e settecentotrentadue cuori selvaggi che, dal 19 al 23 maggio, si sono incrociati sotto e oltre il cielo del Lingotto.
Ho macinato chilometri dentro questa comunità.
Un battito dopo l’altro a distanza dalla paura.
“Una buona pratica preliminare di qualunque altra è la pratica della meraviglia. Esercitarsi a non sapere e a meravigliarsi. Guardarsi attorno e lasciar andare il concetto di albero, strada, casa, mare e guardare con sguardo che ignora il risaputo.
Esercitare la meraviglia cura il cuore malato che ha potuto esercitare solo la paura.”
Chandra Livia Candiani
A proposito di meraviglia.
C’è un motivazione se la mia esperienza al Salone Internazionale del Libro di Torino, si compie nuovamente, per la terza volta.
Questa motivazione si chiama Argonautilus.
Argonautilus, l’Associazione Culturale che dal 2015 lavora ogni giorno per fare e diffondere cultura, organizzando la Fiera del Libro e la Fiera Off a Iglesias, Portoscuso, Gonnesa e da quest’anno anche a Musei, Villamassargia e Domusnovas.
L’Associazione che ha al suo interno una Spa dei libri, lettori ad AltaVoce e un Circolo Letterario con gruppi di lettura che crescono nel tempo e nello spazio.
Una promessa sancita nel Patto di Lettura alla Fiera del Libro, nel 2018.
Il nodo di una rete che oggi si chiama Rete PYM e che sabato, 21 maggio, ha portato il suo contributo alla comunità del Salone del Libro, con l’evento “Fiere e Festival del libro: una leva strategica di sviluppo dei territori”.
Insieme a Eleonora Carta e ai rappresentanti delle Istituzioni del Comune di Iglesias, l’autore Marco Belli, Direttore Artistico di Elba Book Festival; Manuel Figliolini in rappresentanza del Festival Giallo Garda e Luca Occhi di Officine Wort.
Ultimo gemellato della Rete, anche il Microfestival delle Storie.
In anteprima assoluta, è stata presentata la locandina della VII^ Edizione della Fiera del libro di Argonautilus che si terrà dal 29 Settembre al 4 Ottobre, illustrata da Daniele Serra e che ha come tema unificato con i Festival gemelli, “La Meraviglia”.
È stato un incontro partecipato che ha messo in parole l’importanza di collegare energie, risorse e passione, necessarie e urgenti, per far sì che gli intenti condivisi dalla Rete si diffondano dentro e fuori i territori.
D’altronde, a far parte di questa comunità, sono anche tutti quei soggetti che al libro sono legati da vicino: autori, editori, biblioteche, librerie, scuole, lettori.
E oltre alla valenza sociale ed economica, non ci si può proprio esimere dal parlare di ricchezza personale.
Quella di cuore.
Come ha sottolineato il giovane scrittore, Matteo Porru, viaggiare per prendere parte a un evento culturale, ti permetterà sempre di portare un po’ di casa in partenza e pezzi di mondo al rientro.
È un circolo.
E fa un bene inimmaginabile.
Alla domanda: “Cosa ti porti a casa da questo Salone?” Dunque rispondo che, a casa mia, porto libri, dolore ai polpacci, sorrisi nuovi e abbracci noti, paure limate e una felicità selvaggia.
E poi, comunque, anche un banner:
“Salone Internazionale del Libro Torino.
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ARGONAUTILUS.
La meraviglia.”
“Un altro Natale” è il titolo del libro edito da graphe.it, in questo 2021 per la collana di narrativa “Natale ieri e oggi”.
Un titolo dove la parola “altro” ha due connotazioni, come ha raccontato Roberto Russo della casa editrice.
“Un altro Natale, che stress!”
Oppure “Un altro Natale, e meno male!”
Personalmente propendo verso la seconda. A dicembre, come a maggio, a febbraio, a settembre.
Natale è uno stato d’essere.
Due storie, una vecchia e una nuova, che raccontano la fame.
Perché, sarà il primo vero freddo dell’anno, saranno i profumi intensi, sarà che vorremmo essere scaldati dalle luci colorate e dalle tovaglie rosse… ma a Natale la fame aumenta.
Sia essa del cibo, come quella narrata da Ferdinando Paolieri nel racconto “Il Natale di Granfialunga” , o quella d’affetto raccontata da Susanna Trossero in “Tutti gli Alfredo del mondo”.
Avventura, rischio e riscatto per i Granfialunga sullo sfondo della campagna toscana negli anni 20.
Maestria, giochi di parole e tenerezza per il protagonista della Trossero.
Filo conduttore: la speranza, quella che è difficile mantenere tutto l’anno ma che la notte di Natale torna viva, forte e chiara a farsi sentire.
E trovarla appagata dentro un libro fa star bene anche fuori.
Due cose mi sono bastate per comprare “Effetti Collaterali”, la raccolta di sei storie niure di Rosario Russo, edito da Algra Editore per la collana Sicilia Niura.
Una è stata sentire come parla del mare.
L’altra è che, alla Fiera del libro, mentre una voce di donna dal terapeutico accento siculo leggeva le sue parole, io le vedevo grazie ad Alosha (Giuseppe Marino), il danzastorie di Sicilia che le ballava.
Ma non solo. Oltre a questo, dentro la mia testa si creavano in contemporanea immagini come se stessi leggendo le pagine da me.
Non so se sono riuscita a spiegarmi ma è difficile, perché è stata un’esperienza pazzesca.
Il libro di carta che ho tra le mani è la prova tangibile di tutto questo. Una sorta di memorandum della bellezza che ho vissuto.
I suoi racconti di genere sono come voci, finite e compiute, di un unica grande storia.
E che storia è questa?
È la storia di una Sicilia così come immagino sia.
Fatta di persone.
Piena di mare, di cultura, del profumo di limoni, caffè e cartocciata di melanzane.
Attraversata dall’arte, dalle parole di illustri scrittori. Dalla mafia, dalla vita e dalla morte.
Come ho potuto leggere nell’appassionata postfazione di Salvo Sequenzia, “Russo si interroga mettendo l’accento sull’impossibilità di spiegare il perché delle ragioni del male e della morte”.
È vero.
Eppure il suo modo di narrare ha qualcosa di leggero. Che attenzione, non vuol dire superficiale. Anzi. Trovo sia un valore aggiunto. Il buio mitigato dalla bellezza del mondo, dal senso di appartenenza al territorio, alla città di Acireale, alle sue storie magiche.
Dalla voglia di dircelo.
Leggero ma di una profondità sentita e contagiosa.
La scrittura di Rosario è asciutta, pungente, misteriosa.
I personaggi sembrano raccontarsi da sé, sono schietti, perfettamente delineati dal proprio parlare, muoversi, pensare.
E leggendo, io ho trovato il mio personale comune denominatore di queste sei storie nere: l’amore.
Si cunta ca u pasturi
assai vuleva beni
a Galatea, e pi idda
assai ni visti peni
ma n’da l’occhi si vardavunu
di veri ‘nnamurati
“Vivo una vita fittizia e mostruosa, ma la mia esistenza non è quella di un privilegiato? Sono a tratti perfettamente felice e tranquillo, ma in altri momenti non lo sono affatto e vorrei qualcosa di nuovo e non so dove trovarlo. Ah! Perché la natura non ha dato all’uomo almeno dieci sensi? Cinque sono troppo pochi, a cosa possono servire? Dio! Quanto mi annoio.”
Non ci riconosciamo un po’ tutti in questa frase?
Io sì.
Eterosessuale, donna di trentasei anni negli anni ‘20 del 2000.
Eppure a scrivere questa frase è un ragazzo, omosessuale nel 1889.
Ma voglio smettere subito di parlare per “etichette”.
D’altronde colui che ha scritto le parole qui sopra non ha neppure nome.
Lui è Anonimo e le sue sono le “Confessioni di un omosessuale a Émile Zola”.
Essendo io, sempre più a contatto con il mondo dei libri, dell’editoria, degli autori e dei festival letterari come la mia amata Fiera del libro di Argonautilus, sento spesso parlare di narrazione, di tecniche di narrazione. Di trame, schemi, regole per confezionare un romanzo che sia bello, ma anche appetibile come prodotto commerciale, giustamente.
La giovanissima casa editrice Wom, partner della Fiera, fa però qualcosa in più, a parer mio.
Lascia di stucco.
Questa, di Anonimo, è una lettera a cuor scoperto, pubblicata integralmente per la prima volta in italiano.
Scritta divinamente, si fa leggere in modo travolgente dall’inizio alla fine. Non c’è mistero, non c’è suspense, non una scaletta che abbia inizio, svolgimento e via discorrendo.
Ad attrarre in modo così spudorato è la sincerità disarmante dell’autore. Una richiesta d’aiuto, la necessita irrefrenabile di mettere nero su bianco la natura dell’essere, la voglia di capire e insieme di spiegare.
Il soggetto, passatemi il termine, è un giovane italiano benestante, appassionato alla bellezza.
“Mi piace tutto ciò che è bello, e quasi nulla, in ogni genere, è abbastanza bello ai miei occhi, tanto amo quel che è eccezionale, ricco ed elegante. Ho fabbricato con l’immaginazione palazzi più bello di tutti quelli che esistono, stracolmi di opere d’arte scelte tra tutti i capolavori del mondo intero. […] Ai miei occhi la bellezza rappresenta tutto, e tutti i vizi, tutti i crimini mi sembrano da lei giustificati.”
Egli scrive a Émile Zola offrendo se stesso e la sua esperienza personale come figura da aggiungere a “quella galleria di tipi che sono i Rougon-Macquart: un protagonista omosessuale”.
Ma la sua sincerità diviene un’arma a doppio taglio. È troppo, perfino per lo scrittore francese, che affida “Le Confessioni” al medico Geroge Saint-Paul, alias Dottor Laupts.
Così, questa lettera spassionata viene sì pubblicata ma come “caso di perversione sessuale”.
Quello che arriva a noi oggi però è un libro di 148 pagine che “sono al contempo un romanzo, una testimonianza e un documento unici sul coraggio di un uomo che denuda la propria anima di fronte a una società che non riconosce le singolarità che la costituiscono. Una rivendicazione alla sovranità dei corpi, al dovere di goderne, alla tutela di ogni differenza – un messaggio ancora oggi di profonda attualità”.
Non saprei dirlo meglio.
(P.s.) Personalmente ho adorato l’irriverenza di Anonimo quando parla del suo ego.
“Mi sembra sempre di aver finito e trovo ogni volta qualcosa da raccontarle. Del resto mi piace talmente parlare della mia personcina che non smetterei di evocare la mia immagine guardandomi qui come in uno specchio. Non penso ci si possa mai stancare di parlare di se stessi e di studiarsi nei minimi dettagli, soprattutto se l’essere che la natura ha forgiato è tanto eccezionale quanto lo sono io. Penso davvero che dopo tutto ciò che le ho scritto dedurrà il resto del mio carattere, delle mie idee e anche delle persone che mi circondano, ma siccome questo mi diverte enormemente, vado avanti ancora per un poco, più per me che per lei”.
(P.p.s.) E non posso che sentirmi empaticamente risoluta insieme a lui quando infine dice:
“Ah Signore! Sentirsi diverso rispetto a tutti gli altri è talvolta una soddisfazione. Oramai so ciò che sono e ciò che voglio. Tale sono nato, vivrò e tale morrò.”
Non a caldo. A caldissimo.
Anche perché i pensieri nati in questa settimana hanno preso la loro forma di pari passo con le emozioni e i giorni.
E non vi è alcuna necessità di un tempo fermo per raccontarli.
Se devo scegliere un aggettivo per descrivere questa Fiera del libro, arrivata alla sua sesta edizione, me ne viene in mente solo uno, sopra ogni altra parola:
EROICA.
Dal 2016, con “La cultura al Km 0”, Argonautilus pianta semi nel territorio.
Questo, comincia a essere un raccolto soddisfacente, nonostante si operi talvolta in mezzo a sterpaglie che crescono in terreni perigliosi e ostili.
E no, non lo dico io, soltanto perché lo vivo in prima persona.
In questi giorni sono stata specchio di sensazioni altrui.
Ed è stato meraviglioso e gratificante.
La Fiera del libro è ancora una scommessa stravinta di fronte a scelte infelici e coraggiose.
“Il cambiamento” che, più spesso di quanto vorremmo fa paura, “dovrebbe invece essere vissuto sempre come qualcosa di positivo” come ha detto l’ospite Riccardo Cavallero (SEM edizioni) alla tavola rotonda su “La resistenza del libro”, uno dei svariati momenti di discussione e riflessione tra operatori del settore e il pubblico.
Ed è bene che questo concetto riesca finalmente a far breccia anche nella mia di testa.
Sono stati sei giorni concitati e concentrati. Una Fiera del libro espansa tra Iglesias, Portoscuso, Gonnesa e Zeddiani, con un programma ricchissimo di eventi che ha il suo “dietro le quinte” lungo un anno. E anche di più, se soltanto si provasse a immaginare quanta attenzione e cura ci vogliano per tessere sodalizi, rapporti professionali e relazioni sociali che perdurino nel tempo e negli spazi.
Il fatto che poi dagli incontri fioriscano meravigliose amicizie dipende unicamente dalle persone, dal loro esserci.
E proprio di persone e gratitudine parla Alosha (Giuseppe Marino) “il danzatore di parole”, che dalla Sicilia è arrivato a incantare una piazza della nostra Sardegna.
Conosco le mille e una sfaccettature che irradiano dai libri ma non avevo mai GUARDATO una storia prima d’ora.
Come ho scritto in un post su Facebook immediatamente dopo essermi ripresa dall’emozione:
“Rosario Russo ha scritto un racconto.
Alosha l’ha danzato.
Io, l’ho visto”.
La musica che nasce unicamente dalle parole, il corpo che si muove al loro ritmo.
Ci sarà sempre nuova bellezza da imparare.
La Fiera del libro è spazio di “rincontro”.
È come darsi appuntamento ogni anno in piazza, in un parco, o in un’antica tonnara.
Librerie, biblioteche, case editrici, associazioni, festival gemelli che fanno il punto sulla situazione. Evolvono con essa, si contaminano di bene, contrastano tedio e ignoranze. Resistono.
Seppur difficile è sempre confortante vedere come tutto questo attecchisca anche nei più piccoli, nei loro occhi curiosi… nelle domande che spiazzano.
Una bambina di otto anni che, partecipe, legge con spontanea bontà i versi di Dante Alighieri e della sua Divina Commedia è stato uno dei momenti più felici.
“La felicità è una scelta. Alice vi ha scelto”.
Le parole di una madre.
Partecipare alla Fiera del libro, anche dall’interno, significa vivere su di un filo che tesse le sue reti anche quando i microfoni sono spenti.
Si continua a parlare di libri davanti a un calice di vino. Di trame, di progetti. Ci si confronta su idee diverse, opinioni, pensieri. Si riflette, si ride.
Credo che ridere sia una delle cose più concrete che si possano sperimentare.
Anche mentre si lavora.
E di questo, ringrazio soprattutto i miei compagni di viaggio.
Argonauti, eroi, avengers.
Ognuno di noi si fa in dieci per la riuscita di tutto questo. Impegno, passione.
E nel mentre scappa un’occhiata di intesa, un balletto, uno sfogo. Parole di incoraggiamento e conforto. Un sorriso, un regalo, un messaggio inopportuno, un fotomontaggio.
Ho capito che quandosietefelicifatecicaso non è un monito, un consiglio, un avvertimento prima che sia troppo tardi.
È un modo di essere.
E io, lo sarò.
di Maria Francesca Carboni
“Un libro in Comune” è una delle iniziative promosse da ArgoNautilus. La collaborazione stretta con il Sistema Bibliotecario del Sulcis incoraggia un dialogo aperto, formativo fra autori e bibliotecari, alla scoperta dei retroscena dei libri e della genesi che ha condotto alla scrittura di quelle storie.
Gli scrittori, in questo caso, si raccontano durante quattro incontri formativi online, dal 7 giugno al 5 luglio, tutti i lunedì alle 10:30. ArgoNautilus ospiterà Alessandro De Roma (Nessuno resta solo, Einaudi), Eleonora Carta (Piani Inclinati, PIEMME), Ciro Auriemma (Il vento ci porterà, PIEMME) e infine Daniele Mocci e Luca Usai (Coda di Castoro, Mondadori). I loro libri verranno donati al Sistema Bibliotecario del Sulcis.
E alla fine di questi incontri i bibliotecari potranno fare da tramite fra autore e pubblico. Getteranno l’amo della curiosità e sapranno dire al lettore indeciso o curioso perché scegliere quel libro. Quindi attireranno l’attenzione su aspetti affascinanti, aneddoti o elementi inediti del racconto e del processo creativo raccontato dagli autori durante i quattro incontri.
Quindi “Un libro in Comune” ha il proposito di raccontare i retroscena di una storia ben scritta, per svelare cosa si nasconda oltre la punta dell’iceberg, per generare interazione fra autori e bibliotecari e in questo passaggio di scambi e contaminazioni arrivare infine all’utente, il lettore.
Il libro infatti è il prodotto compiuto. Ma la genesi è articolata: una prima intuizione, l’episodio che ha ispirato quella storia, la caratterizzazione dei personaggi, i luoghi, le vite che si intrecciano, il caso e il destino, la trama che assume la forma giusta, il ritmo, le parole che evocano mondi nuovi e poi diventano realtà, anche nella mente del lettore.
L’archeologia di questi momenti è preziosa. Ripercorre le motivazioni di quel percorso svela qualcosa dell’autore e gli indizi disseminati lungo il tragitto. La fatica, prima di tutto. Ci vuole tempo per scrivere qualcosa in cui tutti, con bagagli ed esperienze diverse, possano ritrovare qualcosa di sé. La scrittura lo fa in un modo del tutto particolare. Sospende l’incredulità del lettore. Come avviene al cinema, quando davanti allo schermo lasciamo i nostri panni per indossare quelli dei protagonisti in cui ci immedesimiamo.
Il backstage di un’opera letteraria racconta la profondità. Chi sono i maestri che hanno ispirato quel racconto, quali sono state le contaminazioni con altre discipline. Ci dice se i luoghi siano veri o presunti. Quanto tempo, quanto impegno e dedizione siano richiesti per ricostruire uno scenario storico, per citare fatti realmente accaduti o talvolta intravedere nelle storie già raccontate qualcosa di inedito e così intrecciare nuove trame da un’angolazione diversa.
L’opera letteraria è di per sé autosufficiente. Ma se l’autore è in grado di accompagnarci alla scoperta dei retroscena, come nei contenuti extra di un film, il viaggio nelle vite degli altri – e poi nella nostra in definitiva – risulterà piacevole e affascinante.
5 ottobre 2020: siamo di nuovo in cerchio, distanti e mascherati a parlare di Fiera del Libro di Iglesias.
Quella incredibilmente trascorsa e quella che verrà.
La sede di Argonautilus, che si affaccia sul chiostro di San Francesco, accoglie e raccoglie le nostre fatiche, le autocritiche e i pensieri: semenza da spargere in questo terreno rinnovato, fruttuoso sotto tanto punti di vista, fertile.
“Ce l’abbiamo fatta”.
È da cinque anni che, arrivati più o meno indenni al quinto giorno, ce lo diciamo. Perché fa bene.
Fa bene come guardare i miei compagni di viaggio negli occhi, ora più che mai in risalto sui volti, e vederci uno specchio di sentimenti affini: le stesse domande, perplessità e preoccupazioni. E l’immancabile luce della voglia di fare, ancora. Sopra ogni altra cosa.
Continuare a Esserci.
30 Settembre 2020, due giorni di PreFiera appena conclusi.
“Ragazzi, domani alle 8:30 in Piazza Pichi”.
Musica per le orecchie. So già che non dormirò abbastanza da arrivare fresca e riposata. Ma chi se ne importa.
È 1 Ottobre ed è come se fosse 22 Aprile.
Piazza Pichi comincia a svegliarsi in questa mattina dal tempo incerto, sotto un tiepido sole. Si anima degli anni passati, di ricordi affollati.
Viva, nonostante.
Prendiamo posto tra i tavoli dell’Electra Cafè Letterario, cauti, per la prima Colazione d’Autore (un nome che non smetterà mai di affascinarmi).
Inizia la Fiera del Libro di Iglesias 2020.
Contingentata, è vero. Ma la cultura ha lo straordinario potere di resistere, plasmarsi alle necessità e reinventarsi, pur di andare avanti e coinvolgere.
“La Parola Crea Mondi”.
Suggestivo per chi di parole, ne fa schermo e tesoro.
Spunto di discussioni incrociate, ricerca di significati; un tema che, come ogni anno, viene smembrato, riassemblato, posto con attenzione sotto una lente di ingrandimento, sviscerato in ogni sua possibile prospettiva di riflessione.
Una Fiera di spessore, comunque ricca di eventi, che avanza di livello, cresce.
Tra le novità di quest’anno, gli appuntamenti in Radio Arcobaleno per Radio Fiera e le
Dirette Web, che diffondere e rendere quanto più fruibile… non fa mai male.
Le quattro Masterclass di formazione gratuite, una per ogni giornata, che hanno esplorato il tema da diverse angolazioni: lettura e scrittura; scienza e informatica; parole dal Medioevo legate alla città, al Breve di Villa di Chiesa; giornalismo di inchiesta, associato al Premio Morrione.
E che per un momento mi hanno fatto pensare: “Voglio esserci! Mimetizzarmi tra i partecipanti, smettere gli abiti da argonauta e godere di ciò che creiamo!”
Ma no. Ormai è la mia seconda pelle.
Stare dietro le quinte di tutto questo è uno dei più bei regali che mi sia presa dalla vita.
Parole condivise tra Sindaci e Assessori alla Cultura dei Comuni partner per un tempo delicato come quello con cui ci troviamo a convivere.
Mostre che illustrano la bellezza del mondo del Graphic Novel; la Casa degli Autori in Fiera; i Librai Fantastici; Alta Voce; il progetto delle Biblioteche Possibili; Tavoli Tecnici sull’editoria, sul “fare rete”: area di interesse per diversi soggetti del settore; doni inaspettati da chi come noi ci crede e si sente parte integrante.
Festival gemelli sempre attivi con impegno e sinergia; ospiti importanti che hanno diligentemente riempito la Piazza del Municipio e il Teatro Electra, sotto il meticoloso sguardo e il prezioso lavoro di un super Staff.
Piccolo grande spazio, sul palco del Teatro Electra per parlare dell’Argo Circolo Letterario e dei suoi gruppi di lettura, In Libro Veritas e Fantadìa.
Che quando dico “regalo”, non sono mai stata così seria. E se parlo di riconoscenza, intendo a tutto tondo. Verso la mia compagna di avventure Sara, verso Argonautilus.
Grazie. Ai bambini e ai lettori senza i quali tutto questo non avrebbe senso di esistere, ai libri, alle parole.
A me stessa.
Impossibile, alla fine di tutto, non provare soddisfazione per un lavoro ben svolto, non senza fatica.
Ma è riduttivo. La verità è che io provo gioia pura. La Fiera del Libro di Iglesias è da sempre la mia fonte di ricarica energetica, Argonautilus la nave sulla quale son salpata e da cui non ho intenzione di scendere.
Per mare, per cielo e terra, tante volte in ginocchio o sorvolando gli ostacoli: l’importante è andare.
“Se viaggia, Enea lo fa per arrivare a fermarsi. E per, finalmente, costruire. Anzi per ricostruire.
[…] è la serietà a guidare la mano nel suo lento ricostruire”.La lezione di Enea, Andrea Marcolongo
Ci sono incontri che segnano, momenti che restano nel cuore e non si sa spiegarne il motivo. La presentazione della professoressa Iride Peis Concas con il suo “Le Janas di Montevecchio” è stato uno di questi incontri, uno di questi momenti.
Nella bella cornice di Piazza Municipio a Iglesias domenica 4 ottobre abbiamo ascoltato i racconti sulle janas, le leggendarie fate sarde, creature antiche e misteriose, dispensatrici di fortuna, ma anche permalose e talvolta temibili.
Una raccolta di storie, corredata da splendide tavole dipinte, che ha incantato per lo spazio di un’ora, lasciando in chi ascoltava la nostalgia di un mondo passato ma ancora vivo. Abbiamo assaporato il potere della parola che evoca l’essere umano nelle sue vicende di amore, morte, vita. Abbiamo scoperto un’eredità preziosa che si snoda nel tempo, e che va consegnata anche ai più giovani perché non si perda. Abbiamo colto la forza che attraversa l’esistenza e che anche nel dolore più duro consente di continuare.
Se davvero le janas esistono e talvolta si avventurano tra noi, Iride Peis Concas è una di loro: con grazia ammaliante ha tessuto storie preziose, piacevoli, commoventi. E non avremmo voluto smettere mai di ascoltare.
La parola crea mondi: anche fatati, ma antichi e veri come l’uomo.
Sabato 3 ottobre il Teatro Electra di Iglesias ha ospitato un evento di grande valore per chi mette la cultura al centro del suo progetto lavorativo e di vita. Sul palco gli ospiti Marco Belli, Matteo Colombo, Alessandro Cauli, Francesca Spanu, e in collegamento da Barcellona Cecilia Ricciarelli e da Torino Rocco Pinto.
Gli intervenuti avevano in comune il fatto di essere portatori di un’esperienza significativa nella direzione di riviste e associazioni culturali, e nell’organizzazione di eventi letterari, come il Festival Letterario del Monreale ed Elba Book Festival (che proprio con la Fiera del Libro di Iglesias e il Festival Giallo Garda ha dato vita a #PYM rete di Fiere e Festival).
È stato un momento di forte condivisione, dal quale è emerso che mettere in comune le competenze non genera rivalità, ma arricchimento. Allargando gli orizzonti dei contatti e delle conoscenze si scoprono i frutti delle diverse esperienze maturate e, come in un grande brainstorming collettivo, nascono nuove idee e possibilità.
Questo circolo virtuoso è paragonabile a una rete, che si può allargare all’infinito e che diffonde i suoi benefici effetti attorno, sempre all’insegna della competenza, della professionalità e dell’amore per la cultura. Perché è un patrimonio è universale e non può venire soffocata dagli egoismi miopi dettati da politica, economia, o mode del momento.
Un’altra importante lezione alla Fiera del Libro di Iglesias: “la parola crea mondi”, e anche relazioni.