Un racconto inedito di Erika Carta per il Big Blue Festival 2018, con le illustrazioni di Sara Camboni.
C’era una volta un mare di acqua cristallina che si divertiva a spumeggiare con le sue onde, facendo il solletico alla riva e portando via con sé milioni di minuscoli granelli di sabbia dorata.
Era una vastissima distesa turchese che si estendeva in lungo e in largo, dove brillavano tanti puntini luminosi di sole.
Laggiù, nelle profondità sempre più azzurre vivevano due piccoli pesciolini argentati.
Erano gemelli e si chiamavano Big e Blue.
Avevano caratteri molto diversi.
Big era spavaldo, coraggioso. Non stava fermo proprio mai, nuotava a più non posso, velocissimo, a destra e sinistra. Non aveva paura di nulla, faceva il gradasso con i pesci più grandi di lui, giocava con i granchi e gli piaceva avventurarsi negli anfratti delle rocce, sparire sotto la sabbia e poi guizzare in alto, su su, quasi fino a toccare il suo cielo.
Blue invece era molto più riservato. Se ne stava quasi sempre in disparte, gli piaceva nuotare piano
e da solo, farsi cullare dalla posidonia, amica fidata che lo proteggeva da tanti pericoli. Era un pesciolino pigro e timoroso, non era un tipo che attaccava brighe lui, anzi, si teneva ben lontano dai litigi.
Big e Blue però, stravedevano l’uno per l’altro, si volevano davvero un gran bene.
II
Una volta avevano una mamma. Si chiamava Ama, se la ricordavano bene, soprattutto Blue che ci aveva passato tanto tempo insieme. Lei gli leggeva le storie che parlavano della terraferma, gli raccontava di paesaggi lontani verdi e dorati, completamente illuminati dalla luce del sole.
Big ogni tanto stava a sentire, era impossibile non farsi rapire dalla voce incantevole di mamma Ama, ma tante volte preferiva girovagare assieme al loro papà. Quella luce splendente, che dentro l’acqua filtrava coi suoi raggi sparsi, lui la voleva cercare, per vederla da vicino.
Suo papà gli aveva insegnato un trucco segreto: prendeva la rincorsa, sospinto dalle correnti, e con uno slancio da maestro dava un colpo di pinna e saltava fuori dall’acqua.
Era questione di tre, cinque secondi forse, ma erano attimi bellissimi, prima che l’aria di fuori cominciasse a diventare ostile e irrespirabile.
“Papà, perché non possiamo vivere là fuori?”.
Gli chiese Big, un giorno.
“E rinunceresti a tutto questo?”.
Rispose Papà Re volgendo lo sguardo all’immensità sottomarina e scomparendo tra sabbia e coralli.
III
Poi le cose erano cambiate.
Gli abitanti della terra, quel luogo che per Big e Blue era incantato e misterioso, si erano convinti sempre più di avere il controllo supremo su ogni cosa: prati verdi e distese d’acqua, senza distinzioni.
Agli umani bastava immergere i piedi sulla riva bianca e fresca e guardare verso l’orizzonte, per essere felici. E se ne fregavano se il tappo di una bottiglia vuota finiva accidentalmente in terra. La fatica di raccoglierlo era troppa per loro: uno sguardo a quel pezzo di plastica stonato sulla sabbia e uno al mare, immenso, che pareva poter raccogliere e far sparire nel nulla qualunque cosa.
“Tanto il mare è grande”, dicevano con noncuranza.
Big li aveva sentiti una volta, in una delle sue scappatelle fuori dall’acqua azzurra.
Certo, mamma Ama non sarebbe stata dello stesso avviso. Era successo così, mentre giocava divertita, una mattina d’estate, il sole, tanto forte che filtrava anche sott’acqua.
Era rimasta intrappolata in un cerchio bianco lattiginoso, di quelli che tengono unite le lattine di coca-cola. Sembrava un gioco passarci attraverso. Ma poi ogni cosa si era spenta, il suo ultimo pensiero pieno di luce per Big e Blue.
Papà Re, accecato dalla rabbia, aveva baciato i due pesciolini.
“Vado a cercare i colpevoli. Prenditi cura di loro” aveva urlato dietro di sé a nonno Mar, ed era andato via, sparendo in un vortice di sabbia e dolore, veloce come un razzo.
IV
La vita continuava a scorrere come la corrente d’acqua salata che circondava Big e Blue. Nonno e Nonna Mar li avevano cresciuti nell’amore e nel rispetto. 💙👑 Blue aveva imparato a godersi ogni cosa con serenità e pace, continuava a leggere quelle parole magiche che raccontavano le meraviglie della terra, si immaginava i bambini che correvano a piedi nudi sulla sabbia, non molto distante da loro. 👫 E allora nuotava veloce e libero con il suono della voce di mamma Ama a fargli da eco lontana. 🐋 Big invece, covava ancora un piccolo fuocherello di rabbia dentro di sé per quello che era successo.💔 Soltanto i giochi spericolati che amava fare fin da piccolo, erano in grado di spegnere quel fuoco. 💦💦 Stava ben attento a non inciampare nelle lenze trasparenti gettate nel mare, faceva lo slalom tra i rifiuti che finivano per inquinare il blu cristallo del suo mondo.🏖️ La cosa che lo divertiva di più era sfidare i bambini sul pelo dell’acqua. Le loro risate gioiose facevano ridere anche lui. 😀 Era tutto un gioco, ogni volta che riusciva a scappare dalla presa di quelle piccole mani, esultava felice, turbinando nell’acqua. Qualche volta erano i bambini a cercare loro, immergendosi sott’acqua con le pinne e delle strane maschere che schiacciavano il naso e dilatavano le pupille. 🏊 “Ci vogliono somigliare”. Rideva il nonno. “Ma non ci riusciranno mai”. Aggiungeva nonna Mar fiera, ma con gli occhi velati di tristezza.
V
Un giorno, Big si sentiva particolarmente solo e dopo tanto insistere, era riuscito a convincere Blue ad allontanarsi insieme a lui. “Vieni Blue, dai. Gioca con me per una volta”. “È pericoloso, sto così bene qui, al sicuro”. “Ma ci sono io, vedrai sarà divertente. Potrai conoscere da vicino gli esseri umani, di cui ti piace tanto leggere”. L’entusiasmo irrefrenabile di Big era davvero contagioso. Blue decise allora di accantonare per qualche istante i suoi timori e seguire suo fratello. Era da tempo che non nuotavano insieme, entrambi si sentivano felici e spensierati. Giocarono a nascondino, fecero gare di velocità tra coralli e stelle marine. Big si spingeva sempre più in alto, guardandosi dietro di tanto in tanto per esser sicuro che Blue non cambiasse idea e tornasse dai nonni. Ma Blue era con lui, e lo seguiva sorridente e fiducioso. Arrivarono tanto vicini alle rocce sulla riva di una spiaggia, la preferita di Big. Gli schiamazzi dei bambini risuonavano come musica dentro l’acqua. Big insegnò a Blue il colpo di coda per uscire allo scoperto e così Blue vide per la prima volta gli essere umani. Rimase sbalordito dai loro movimenti, dai colori, da quanto tutto sembrava brillare alla luce del sole. Saltava in continuazione, si tuffava e poi di nuovo su, in alto. Aveva perfino più resistenza di Big. A un certo punto però, qualcosa andò storto. Blue ci stava mettendo veramente troppo a tornare giù. Big risalì in superficie. Non voleva credere ai suoi occhi ma quel che vide lo fece sprofondare negli abissi della disperazione. I bambini non si servivano più soltanto delle mani per giocare, avevano secchielli e strani aggeggi lunghi come bastoni che finivano con un retino. Lo avevano preso, avevano catturato Blue!
VI
Blue non capiva cosa stesse succedendo. Un attimo prima saltellava felice beandosi di tutto quello che vedeva, così grato a suo fratello Big per avergli fatto scoprire gli angoli di mondo che non conosceva, se non tramite le immagini dei libri che prendevano vita nella sua testa.
Il momento più bello però, era tornare giù, dentro il suo mare, a respirare la vita come gliel’avevano donata.
Ma ora, dov’era l’acqua? Era sicuro di averne addosso ancora un po’, sentiva il sale. Ma sentiva anche il sole, sempre più forte.
Qualcosa stava andando per il verso sbagliato. Non riusciva più a nuotare, ci provava ma i suoi movimenti erano scoordinati. Si sentiva schiacciato, in trappola, impigliato in una strana rete, sballottato da una parte all’altra in quell’aria che non era la sua.
Vedeva immagini sempre più sfocate, non riusciva nemmeno più a pensare.
Diventò quasi buio e poi, improvvisamente, una boccata d’acqua arrivò fresca e decisa come il primo respiro fatto alla nascita.
Nonostante fosse ancora intontito, fece uno scatto velocissimo in avanti, un po’ per la felicità e un po’ per la paura. Voleva scappare il più lontano possibile.
Ma ancora una volta qualcosa andò storto. Se nuotava dritto, sbatteva su una superficie dura e cieca. Se cambiava direzione, succedeva lo stesso. Girando in tondo si era reso conto che lo spazio in cui si trovava era molto piccolo, un cerchio chiuso, con pochissima acqua e senza nessun altro intorno o vicino a lui.
Era solo, in trappola.
Ma almeno respirava.
Guardò in su.
Un sorrisetto diabolico e due occhioni neri lo fissavano con attenzione. Era sicuro di aver incrociato lo sguardo con quel gigante che lo osservava.
Capì che era soltanto un bambino quando una figura grande il doppio si avvicinò al secchiello.
Era una donna bellissima. Doveva essere una mamma, perché il suono della voce delle mamme è inconfondibile.
Blue li osservava affascinato. Erano così vicini, sorridevano.
Gli piacevano, come potevano essere tanto cattivi?
Perché l’avevano tirato fuori dalla sua casa, lui che era piccolo e voleva soltanto giocare?
“Hey, tu. Bambino. Mi senti?”
Evidentemente il bambino non si accorgeva di nulla.
“Guardate cosa ho preso!”.
Urlava.
“Sono stato il più bravo, il più veloce. Ho vinto!”
La sua risata stridula rimbombava nello spazio stretto dove stava Blue. L’acqua stava cominciando a scaldarsi, sempre più in fretta. Era fastidiosa e presto sarebbe diventata insopportabile.
“Cosa avresti vinto?”.
Una voce diversa, calma e asciutta aveva zittito tutte le altre.
Apparteneva a un altro bambino che guardò dentro il secchiello.
“Ti senti tanto forte, il migliore, solo perché hai preso questo pesciolino? È così piccolo, cosa pensi di fare?”
“Voglio guardarlo da vicino”.
“E come ti sentiresti tu, chiuso in un secchio stretto stretto, con poca aria e dei giganti che ti guardano dall’alto?”
“Voglio portarlo nell’acquario che ho a casa”.
“Nell’acquario che hai a casa sopravvivono soltanto pesci d’acqua dolce. Questo ha sempre vissuto qua, nell’acqua salata, lo faresti soltanto morire. Perché non lo ributtiamo in mare?”
Tutti i bambini si guardarono, consultandosi in silenzio sulla decisione da prendere.
“Va bene. Però prima diamogli un nome.”
“Lo chiamiamo con le iniziali dei nostri nomi!”
“Andrea, Roberto, Giulia, Ornella”.
“ARGO!!!” Dissero in coro i quattro bambini.
E così, Andrea prese il secchiello e tutti insieme si avvicinarono alla riva.
“Ciao Argo, anche se sei diventato nostro amico ti liberiamo. È giusto che torni nella tua casa”.
In men che non si dica Blue attraversò una cascata d’acqua, precipitando nell’immensità del mare.
Era sbalordito, estasiato e grato dell’avventura che aveva appena vissuto. La più grande e avvincente, più bella perfino di quelle che leggeva con mamma Ama, o di quelle che gli raccontava Big. Doveva ringraziare lui prima di tutto, andare subito a cercarlo. Ma prima fece un ultimo salto fuori dall’acqua per salutare i bambini. Erano ancora lì, a guardarlo andar via.
“Grazie amici”.
Quando lo trovò, Big era su tutte le furie. Arrabbiato, creava
mulinelli di sabbia muovendosi da una parte all’altra.
“Big!”
Si arrestò di botto.
“Blue! Sei tu?”
“Sono io, fratellino. Mi hanno liberato”.
La felicità di Big non si poteva esprimere a parole.
Blue gli raccontò ogni cosa: il divertimento, la paura, la curiosità e infine il sollievo.
“Sai Big, avevi ragione. È bello esplorare, giocare… e qualche volta anche rischiare. Non tutti gli esseri umani sono cattivi. I bambini sono come noi, sono intelligenti. Insieme, hanno capito quanto stessi soffrendo, lontano da casa e da te. Hanno fatto la scelta giusta. Sono stati buoni”.
“Questa sì che è una bella sorpresa”.
Rispose Big. “Ma anche io ne ho una per te, vieni!”
Si avviarono verso casa e quello che gli occhi di Blue videro lo resero il pesciolino più felice di tutta l’acqua e di tutto il mondo.
Nonno e nonna Mar sorridevano e accanto a loro c’era papà Re. Era tornato dal suo lungo viaggio e stringeva a sé un pesciolino che si era perso. Si abbracciarono, piangendo lacrime salate di gioia.
Erano di nuovo tutti insieme, in famiglia, con mamma Ama nel cuore e un nuovo amico con cui
crescere e giocare.
“Non si ricorda il suo nome”. Disse papà Re. “Come possiamo chiamarlo?”
Blue sorrise, guardò il cielo attraverso l’acqua e rispose:
“ARGO”.
– FINE –
Di Erika Carta
Illustrazioni di Sara Camboni