In quattro mesi ho letto “Dieci anni con Strike e Robin”.
È successo da Aprile, complice la giornata “Iglesias come Hogwarts” e la chiacchierata con Massimo Battista, sul suo libro “Collezionare Harry Potter e altri libri di J.K.Rowling”.
Ancora qualche sera prima, alla cena informale insieme ad altri ospiti della Fiera del libro di Iglesias, Ele è praticamente corsa da me: “Non hai capito! Massimo mi ha detto che dobbiamo assolutamente leggere i gialli della Rowling sotto lo pseudonimo di Robert Galbright!”
E quando un lettore dice a un altro lettore… “assolutamente” non ci si può tirare indietro. Come fosse un patto tacito e segreto, una promessa da mantenere.
Così è.
E qua devo subito mettere in campo la mia totale sincerità: non lo sapevo.
O meglio, avevo forse sentito vagamente questa notizia ma temo di non averle dato peso.
Ricordo che dopo Harry Potter, lessi “Il seggio vacante” e ne rimasi piuttosto delusa.
Ma Hogwarts e la sua magia avevano appena scavato e insieme riempito tutto un mondo dentro di me e per lungo tempo non ci fu posto per null’altro.
Poi nel dolce amaro capodanno del 2020 con il coprifuoco alle dieci e a letto poco dopo la mezzanotte lessi il mio primo libro del nuovo, atteso anno: “L’Ickabog”.
E tornai a innamorarmi di lei.
Così fu per “Il maialino di Natale”.
La J.K. Rowling che conoscevo.
Quella che dietro ogni grande storia, ogni piccola parola, nasconde un significato che diventa tuo per forza. Chiunque tu sia.
Qualche giorno dopo la Fiera, sono finita nell’abbraccio della Libreria Mondadori, da Stefy e Lella e il caso ha voluto che avessero il secondo libro di questa serie di gialli di Robert Galbright: “Il baco da seta”.
Titolo accattivante, trama fitta di misteri, indagini, messaggi subliminali legati a scrittori e case editrici, truculenti omicidi che ho buttato giù solo per loro… Cormoran Strike e Robin Ellacott.
La mia follia nuova di zecca, la mia rovina.
Tra ordini e regali sono arrivata al punto in cui mi trovo adesso.
Luglio di un’estate che non è estate e sei libri, su una mensola dedicata, che in questi mesi hanno completamente assorbito la mia attenzione di lettrice. L’ultimo, il settimo, è in lettura. Ne scrivo ora perché credo che una volta finito dovrò fare i conti con un po’ di vuoto.
Solitamente leggo vari libri in contemporanea.
Robert Galbright mi ha fatto riscoprire la possibilità che qualche volta, semplicemente, non è fattibile. Non può funzionare.
E ora vi spiego il mio perché.
Li avrei letti con lo stesso trasporto se non avessi saputo che a scriverli è stata la mia Regina J.K. Rowling? Li avrei letti?
Non lo so.
Quello che so è che, avendo questa consapevolezza, l’ho riconosciuta dalle prime pagine. L’ho sentita nelle minuziose descrizioni di ogni cosa. I luoghi, che pare di avere davanti, dentro, dove sembra di camminarci, posti a cui appartenere.
Le trame zeppe di dettagli che possono sembrare insignificanti ma che alla fine si incastrano alla perfezione, srotolando sempre il bandolo della matassa.
Ma soprattutto, i personaggi.
La Rowling, se proprio vogliamo continuare con la sincerità, ha un po’ la pecca di essere ripetitiva. Difetto che si trasforma in pregio quando cominci a capirne il perché.
E lo fai, collegandoti inevitabilmente alla storia di Harry Potter… e di Hermione, Ron, Silente, McGranitt, Sirius, Piton e via discorrendo.
Questi personaggi, che sono entrati nell’immaginario collettivo, ne sono anche usciti… per viverci a fianco.
Non possiamo dire il contrario!
Sappiamo tutto di loro, ne facciamo spesso riferimento quando accade qualcosa nella nostra realtà.
E così è per i miei nuovi amici, Cormoran e Robin, appunto.
Li descrive in continuazione, tanto da imparare a memoria che lui, corporatura da ex pugile, naso storto, capelli che sembrano “peli di pube” e lei capelli biondo rame, occhi grigio azzurri; oppure che a lui tira il tendine del ginocchio alla base del moncone perché ha perso una gamba quando è saltato in aria nell’esercito e lei si sente sminuita quando sta con Matthew ma è lui ad esserle rimasto accanto dopo quello che le è accaduto all’università.
Ed è questo: un attimo prima te li sta appena presentando e l’attimo dopo hai letto millemila pagine e li conosci intimamente.
Ti attacchi alle loro vite, ai pensieri, ai luoghi che frequentano, Denmark Street, il Tottenham e vuoi sederti con loro a bere una pinta di Doom bar e un bicchiere di vino rosso. E prendere la brutta abitudine di fumare Benson & Hedge e bere il the a ogni ora, forte, ambrato… del colore giusto come solo Robin lo sa fare.
Eccolo l’arcano segreto, quello per cui non so se li avrei letti altrimenti… ma li ho letti.
Perché li ha scritti lei.
Robert Galbright è J.K. Rowling.
Mi basta e avanza e questa è la sua grandezza: prendere un bel pezzo di qualche suo mondo e donarlo per intero a chiunque legga le pagine dove, con magia, lo ha trasposto.
©Erika Carta